Nessuna messa, nessun prete, nessun simbolo religioso. Intorno alla bara pochi fiori e piccole candele che singolarmente ognuno è andato ad accendere. Nessuna musica sacra, però qualcuno ha cominciato a cantare uno di quei canti dal significato misterioso a cui lei, la Maestra di via Bosio, ci aveva abituati. Poi in tanti hanno preso la parola per condividere con gli altri qualche frammento di memoria e molte parole di gratitudine.
La sala dell'obitorio era piena, molti sono rimasti fuori. Dopo i primi interventi di chi ricordava la collega o la maestra o l'animatrice teatrale o l'organizzatrice del Consiglio Comunale dei Ragazzi o la viaggiatrice instancabile... la commozione è diventata palpabile.
Qualcuno è arrivato da lontano come il maestro Franco Lorenzoni e il sindaco di Pizzoferrato; qualcuno ha letto i messaggi inviati da chi non era riuscito a venire; qualcuno ha letto i versi che le erano cari; qualcuno ha intonato i canti dedicati agli elementi della natura, nei quali si evocano anche nomi ripresi dalla mitologia pagana. E' stato il sindaco di Chieti a volerla salutare come la "compagna" Carmela, perché in tutte le dimensioni della sua esistenza c'è sempre stato il registro politico. La politica come impegno, come condivisione, come senso civico autentico e profondo. Ma i professionisti della politica non c'erano, benché avesse sempre collaborato con tutti, a salutarla per l'ultima volta sono venuti solo i veri compagni, i pochi che ancora si riconoscono nello spirito combattivo dei partigiani e quelli che ancora potrebbero dirsi comunisti.
La maestra Carmela è stata ricordata con affetto soprattutto da chi ha subito le sue sfuriate e le sue reprimende (in dialetto abruzzese: cazziate). Cioè tutti, perché lei non risparmiava nessuno e non ci sono mai stati limiti alla sua energia e alla sua passione. Ma le sue erano cazziate di cui nessuno s'è mai risentito perché anche con quelle trasmetteva il suo abbraccio emotivo. Un abbraccio che ha formato generazioni di ragazze e di ragazzi che hanno conservato anche da adulti l'impronta ricevuta, lo sprone ideale, la sensazione di avere sempre addosso lo sguardo della maestra che ti giudica per farti fare meglio, senza mai fingere, senza nessuna ipocrisia: "tutto si può fare".
In via Bosio c'è ancora la scuola senza nome di cui lei è stata la promotrice. C'era anche l'orto dove i piccoli scolari curavano le pianticelle, c'erano le passeggiate nel bosco, le socializzazioni davanti ad un pubblico di genitori, le osservazioni notturne del cielo stellato, il consiglio che gli stessi alunni dovevano eleggere, il mistero di quei canti che sembravano litanie prive di significato, ma il significato era lo stare insieme e a via Bosio anche i genitori imparavano a stare insieme. Ogni anno, durante l'estate, le maestre partecipavano ai seminari della Casa Laboratorio Cenci (Umbria). Negli anni '90 gli scolaretti di via Bosio avevano già la possibilità di imparare le basi della programmazione di un computer e per i programmi di matematica collaboravano con docenti dell'università di Milano. Lì, a via Bosio, è nata la compagnia teatrale "Da grande voglio crescere" che ha portato anche nelleprogrammazioni del Teatro Marrucino le sue rappresentazioni dialettali, ma Carmela seguiva e promuoveva soprattutto forme di teatro sperimentale, spesso insieme a Jairo Cuesta e ci fece conoscere Eimuntas Nekrosius e Jerzy Grotowski.
Franco Lorenzoni, con cui Carmela Caiani ha sempre collaborato, la ricorda soprattutto per il suo essere sempre 'esagerata' e siccome era esagerata anche nella sua prepotenza lei si sentiva in dovere di coniugarla con una buona dose di gentilezza. E per non sentirsi troppo esagerata pretendeva esagerazione anche dagli altri.
Nella scuola come nel teatro lei ha portato la sua voglia di mettere le persone in relazione, di indagarne i caratteri sulla scia degli insegnamenti di Grotowski che le consentivano di mettere in atto quelle rappresentazioni in cui viene eliminato tutto il superfluo, perché "il teatro può esistere senza trucco, costumi e apposite scenografie, senza il palcoscenico come spazio separato, senza gli effetti di luce e suono". Carmela aveva poi trovato nelle espressioni dialettali un ulteriore elemento di autenticità. In una intervista del 2018 lei descriveva la trasposizione in dialetto abruzzese delle Baruffe goldoniane come rappresentazione di fatti della vita sempre uguali eppure sempre diversi che ci fanno partecipare alle vicende di "una piccola comunità in perenne litigio, che tuttavia possiede una solidarietà intrinseca, in grado di trasformare piccole cose in valori fondamentali".
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(da Liberamente - pubblicazione locale del 2004)
Link a un video di via Bosio nel 2003
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RICORDO DI CARMELA CAIANI,
MERAVIGLIOSA MAESTRA CHE HA INSEGNATO A TANTE E TANTI CHE E’ POSSIBILE TRASFORMARE IL PEZZO DI MONDO IN CUI CI TROVIAMO A VIVERE
SE LO FACCIAMO CON CONVINZIONE E SENZA RISPARMIARCI
di Franco Lorenzoni
Oggi è morta Carmela Caiani, straordinaria maestra, attiva promotrice culturale e instancabile agitatrice sociale.
Ho conosciuto Carmela a un’assemblea del Movimento di Cooperazione Educativa quarant’anni fa il pomeriggio in cui ci comunicò, con l’aria decisa che la caratterizzava, che sarebbe venuta a Cenci al più presto perché le interessava quello che stavamo cominciando a sperimentare. Oggi mi viene da dire che Carmela è arrivata a Cenci in gran fretta e non se n’è più andata. Venne con la sua amica Stefania Cornacchia, che poi a Cenci ci è venuta anche a vivere per alcuni anni.
Carmela si appassionò alle attività della casa-laboratorio e in questi quarant’anni ha partecipato a innumerevoli stage, che spesso ha guidato.
Nella ricerca di Cenci e del gruppo delle “Scuole verdi per grandi e bambini”, creato all’interno del MCE, ha portato avanti con convinzione l’idea che la conversione ecologica, sentita come necessaria, dovesse partire dal corpo, dal movimento e da un’idea di scuola aperta, impegnata in molteplici attività immaginate e costruite soprattutto all’aperto, per permettere a tutte le bambine e bambini di mettersi in gioco e di credere che il mondo lo si può migliorare.
Carmela non si risparmiava mai e nel suo essere educatrice non esitava mai a chiedere il massimo, con una tale convinzione e trasporto che per chi le stava vicino era difficile dirle di no.
E infatti è stata sempre anche una grande organizzatrice culturale. Dal consiglio comunale delle ragazze e dei ragazzi, che ha saputo rendere un organo attivo e duraturo nel tempo, al gruppo di genitori e insegnanti che ha creato intorno a un’idea di teatro comunitario e sociale, che ha realizzato con una compagnia che si è data un nome assai significativo: “Da grande voglio crescere”.
Molti anni fa, nell’inverno del 1986, in un gruppo trascorremmo dieci giorni nel deserto del nord del Kenia, inseguendo la cometa di Halley. Il modo in cui Carmela comunicava con gli abitanti di quelle terre era esilarante. Riteneva infatti che il dialetto chietino, parlato stretto, era una lingua universale comprensibile a tutti. Stupendoci assai, dimostrò in più occasioni la veridicità di questa sua incredibile convinzione.
E questa in fondo era l’arte in cui più eccelleva Carmela: convincere chi le stava intorno che cose all’apparenza impossibili si possono raggiungere, se la convinzione non viene meno.
E’ praticando quest’arte che Carmela ha fondato e diretto per molti anni il plesso di via Bosio della scuola statale di Chieti scalo.
Dico “fondato” perché quel plesso è stato ed è per molti versi una scuola nella scuola, un piccolo pezzo di mondo trasformato, che lei ha animato con una determinazione e persuasione inesausta e incessante in cui si mescolavano, in modi incredibilmente efficaci, una grande generosità e una certa prepotenza, di cui spesso ci trovavamo a ridere.
Con la scuola di via Bosio e con quel gruppo di insegnanti collaboriamo da decenni e per le operatrici e operatori di Cenci organizzare ogni anno il campo scuola con le terze e le quinte di quella scuola di Chieti scalo è stato sempre di grande stimolo, perché con loro si poteva osare sempre un po’ di più.
Carmela amava narrare e amava i miti. Ricordo che una volta sua figlia Sara, che fin da piccola e per anni partecipò ai nostri villaggi educativi estivi, sostenne a otto anni che sua madre all’esistenza di Zeus ci credeva davvero.
Carmela ha sempre amato molto viaggiare in terre lontane, dove si è spesso recata con suo marito Francesco. Per anni si è poi impegnata nei gemellaggi che la sua scuola ha intessuto con alcune officine del sapere di Florianopolis, in Brasile, e con alcune scuole dell’altopiano Maya del Guatemala.
A Roberta e a tutti noi di Cenci Carmela ci mancherà moltissimo.
Per me è stata una grande amica, che ho sentito sempre e particolarmente vicina in momenti diversi della mia vita.
Grazie di cuore, Carmela, per tutto ciò che ci hai dato e che ancora ci darai.
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