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24 aprile 2019

Arrestati in Basilicata i vertici dell'ENI


Gli ambientalisti... ma sì, loro, quelli che dicono sempre NO... 
che sono peggio dei radical-chic.  

Credo che i veri radical-chic sono quelli che snobbano gli ambientalisti. Il NO alla petrolizzazione dell'Abruzzo ci ha salvato dal disastro. E adesso sappiamo che il disastro sarebbe stato peggiore di quel che dicevano i più allarmisti. E sappiamo che il disastro era già nella malafede dei patrocinatori del progetto.
“Il profitto unico faro delle scellerate scelte”
Le condotte portate avanti sono state “caratterizzate da una sconcertante malafede e spregiudicatezza”, secondo il gip Ida Iura che ha disposto i domiciliari per l’ex responsabile del Centro oli di Viggiano, Enrico Trovato, indagato con altre 13 persone e la stessa azienda. Nascondendo quanto accadeva nell’impianto lucano e non intervenendo subito per tappare i buchi dei serbatoi che contenevano il petrolio, sono quindi stati “sacrificati” per anni la tutela di salute e ambiente di fronte alle “ragioni economiche d’impresa”, definite “l’unico faro” che “ha illuminato e sorretto tutte le scellerate scelte aziendali”.
Per anni in questo blog ho sostenuto la protesta contro il Centro-Oli, e poi contro le trivelle di Ombrina Mare. Credo di non averlo fatto come ambientalista (non sono iscritto a nessuna associazione) ma solo per buon senso. Ho ascoltato i medici e i geologi, ho partecipato alle conferenze della professoressa D'Orsogna. Ho visto che non era un confrontro tra opinioni diverse. Qualcuno portava informazioni, altri portavano bugie. A guardarli di persona i bugiardi si riconoscono. Li vedi circondati di falsi esperti e falsi giornalisti. Ho potuto vedere nelle facce dei manager il ghigno malcelato in sorrisi di circostanza. Branco di squali. Ho avuto pena per la misera vigliaccheria dei nostri politici; ho provato ribrezzo per gli incoffessabili  tornaconti dei finti ambientalisti. Nonostante tutto ci siamo salvati. Finora.

Il Centro-Oli per fortuna non c'è, ma ci tocca di leggere, con un misto di stupore e di rabbia, della morte per suicidio dell'ing. Griffa e poi del generale Conti. Noi ci siamo salvati e sappiamo con certezza che gli ambientalisti avevano ragione, pienamente ragione. Qualcuno ci ha perso la vita.

Grazie agli ambientalisti noi abbiamo imparato a conoscere l'air-gun e il fracking. Sappiamo che il peggio deve ancora venire. Dobbiamo resistere come partigiani del pianeta.

Il Centro-Oli di Viggiano veniva citato come esempio di buone trivellazioni. Un modello da seguire fatto di tecnologie rassicuranti e denaro per le casse dei comuni. Nei telegiornali non si parlava dell'ing. Griffa, non si dava mai notizia degli incidenti e delle anomalie. Solo Report ha avuto il coraggio di mostrare gli effetti sulle acque e sulle colture.

Oggi la verità comincia ad emergere ed purtroppo è molto più brutta di quello che paventavano gli ambientalisti.  Ciò che sta emergendo ora dall'inchiesta della magistratura è una vera associazione a delinquere che non si fa scrupoli di provocare malattie e morte.
Da alcune intercettazioni riportate nell’ordinanza emergerebbe per la sede di Viggiano “l’inesistenza di procedure ambientali di verifica” e la superficialità della gestione del problema della sicurezza dell’ecosistema”, nonché “la grave e inescusabile confusione in cui versava” persino il tecnico responsabile del settore Salute, Sicurezza, Ambiente del distretto Meridionale dell’azienda petrolifera. E, secondo gli inquirenti, anche dopo il febbraio 2017 Eni ha continuato “a nascondere tutto ciò che non viene scoperto” dalle autorità di controllo. Dei dipendenti citati negli atti l’unico che agì con “coscienza e scrupolo” è Gianluca Griffa, l’ex responsabile della produzione di Viggiano ritrovato morto in un bosco nel 2013. Aveva capito cosa stava accadendo già nel 2011 e denunciò ai superiori: “Volutamente era stato emarginato – scrive il gip – Ma se le precauzioni suggerite, siamo nel 2013, fossero state considerate avrebbero scongiurato il disastro ambientale scoperto quattro anni dopo”. A ringraziarlo, quasi sei anni dopo la morte, è stata la procura.
Oltre all'ing. Griffa è giusto ricordare anche la geologa Albina Colella che nel 2011 ebbe il coraggio didichiarare i disastri causati dall'ENI e per questo fu perseguita
La Colella, docente di Geologia all’università di Potenza, nel 2015 era stata denunciata dalla compagnia petrolifera per diffamazione e danni morali e patrimoniali, dopo alcune dichiarazioni rese in tv sulle acque contaminate di Contrada La Rossa in aerea di reiniezione petrolifera.
All’epoca dei fatti a capo del Cova c’era Enrico Trovato e alla professoressa venne chiesto un risarcimento di 5 milioni di euro.
Ditemi voi se non è un animo puramente delinquenziale quello di chi in malafede denuncia una scienziata per intimorirla e rovinarla pur sapendo che è un'eroica portatrice di verità.  Una storia che si ripete perché la tecnica dei risarcimenti milionari è un'arma che viene spesso utilizzata dalle mafie economiche.

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