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21 febbraio 2011

Caravan Petrol all'Università

Venerdì scorso il caravan petrol ha allestito il suo spettacolo dentro l'Università di Chieti. Non ci sono andato perché lo scopo propagandistico era ben chiaro e lo spettacolo mi avrebbe solo gettato nello sconforto. Dalle notizie che trovo sui giornali e nei blog leggo che è stato un "convegno blindato", protetto da cordoni di polizia. Già questo dice molto sulla qualità dell'evento. Al convegno che fu organizzato nella sede universitaria di Pescara il 21 luglio 2008, quando si era nel pieno delle proteste contro il famigerato Centro-Oli non c'era neanche un poliziotto, nonostante fossero presenti importanti dirigenti dell'Eni insieme ai principali sostenitori delle tesi contrarie al progetto. Quando si organizza un confronto leale non c'è alcun rischio di contestazioni e nessuno ha motivo di doversi tirare indietro.

Invece il convegno di venerdì scorso dava l'impressione di essere blindato anche in senso ideologico perché i relatori sono stati scelti secondo un unico chiarissimo criterio: l'essere a favore del petrolio.

Credo che l'Università dovrebbe rifiutarsi di ospitare queste manifestazioni propagandistiche. Ognuno è libero di fare la propaganda a quello che vuole, ma petrolieri e industriali hanno anche le loro belle sedi per farlo, usare gli spazi dell'Università è un modo per dare al convegno una parvenza di scientificità o addirittura di imparzialità e questo diventa un vero inganno.

Nei resoconti trovo piena conferma dell'impostanzione non scientifica e non imparziale dell'incontro:
1) l'economista ha raccontato la bella favola dell'Emilia Romagna dove le ricerche petrolifere non disturbano le attività agricole e turistiche, ma per rendere credibile la favola finge di non sapere niente dei gravissimi fenomeni di subsidenza causati dalle estrazioni. La legge ha imposto forti limiti alle estrazioni a seguito dei danni causati nel territorio di Ravenna;
2) il dirigente ministeriale dice che sarebbe bene ridurre l'eccessiva burocrazia che ostacola i progetti petroliferi (bene per chi? a chi potrebbe giovare un deregulation che spiana la strada alle autorizzazioni?);
3) il rappresentante di confindustria parla di migliaia di posti di lavoro generati dalla trasformazione della costa abruzzese in... udite, udite, una nuova Dubai (anche lui deve fingere di non sapere che i pochi posti di lavoro intorno ai pozzi non rimpiazzano naenche in parte quelli che si perderebbero nel settore turistico, balneare, agricolo e nel settore eno-gastronomico che sta diventando sempre più importante. Il rimpiazzo non c'è né per quantità, né per qualità del lavoro.
4) I rappresentanti della MOG (Mediterranean Oil and Gas) hanno dato rassicurazioni sulla sicurezza. Per essere più convincenti hanno fatto finta di non sapere niente dei pozzi scoppiati a Policoro, a Trecate, a Paguro e degli incidenti alle raffinerie di Mantova, di Viggiano, di Busalla, di Gela. Quando si dice sicurezza sappiamo che nel settore petrolifero proprio non ce n'è. Farebbero miglior figura se potessero presentare idee nuove piuttosto che illustrare solo una falsa rappresentazione della realtà. 
5) In fine il geologo organizzatore del convegno ha tentato di spacciare (il racconto è qui, leggetelo) l'inquinamento delle nostre falde acquifere già provocato dai pozzi esplorativi per inquinamento causato dai prodotti agricoli.

Questa conferenza blindata per sostenere tesi a senso unico con argomenti di scarsissima credibilità sarebbe l'occasione per "ragionare pacatamente"? Questa sarebbe scienza?

Nel mio blog ho sempre difeso il ruolo e il valore della nostra università (i vecchi articoli sono raccolti qui), ma in questo modo si rischia di rovinare il buon nome dell'istituzione. Spero che sia la prima e l'ultima volta.

La prof.ssa D'Orsogna ci segnala con la sua consueta onestà e precisione che l'Università di Chieti è coinvolta direttamente nei progetti petroliferi. Ormai è normale che le università svolgano funzioni di consulenza per imprese private, però il coinvolgimento comporta una perdita di imparzialità (quantomeno sul piano formale) e se davvero si vuole ragionare pacatamente diventa importante dare la parola a scienziati non coinvolti nell'affare. Il prof. Rainone è il perito di parte della Forest Oil e perciò non sembra la persona più adatta ad organizzare una conferenza "imparziale". Potrà ben figurare come ospite e sostenere le sue tesi, ma non può e non deve assumere il ruolo di organizzatore selezionando solo persone favorevoli alla sua visione.

Tra gli invitati figurava anche il nome del senatore Francesco Pardi. Anche questo nome contribuiva a dare una impressione di pluralismo. Se c'è uno come lui forse non si tratta di conferenza a senso unico. Però Pardi non è abruzzese e neanche un esperto del settore petrolifero perciò mi sono incuriosito e ho chiesto lumi attraverso una persona che lo conosce bene, così ho scoperto che il senatore Pardi non sapeva niente di quella conferenza. Se fosse davvero così stiamo parlando di un abuso, forse è più probabile che il suo nome sia stato usato approfittando di un invito frettoloso a cui lui stesso non aveva dato alcun peso, ma non è questo il modo con cui si può organizzare un convegno che vuole avere carattere accademico.

Le associazioni contrarie ai progetti petroliferi sono sempre state disponibili al confronto, ma si sono rifiutate di partecipare alla conferenza di venerdì così vistosamente propagandistica e pregiudiziale. Qualcuno ha detto che avrebbero dovuto accettare l'invito, ma credo che facendolo sarebbero cadute in una trappola: un breve intervento di pochi minuti in coda ad una conferenza di quattro o cinque relazioni illustrate da esperti tutti concordi, avrebbe solo alimentato la solita diceria secondo cui gli ambientalisti sono quelli sempre contrari a tutto per partito preso e senza argomenti. Invece gli argomenti contro il petrolio sono tanti, gravissimi, e sono sostenuti da tutti gli esponenti dei diversi settori scientifici non coinvolti negli affari (qui per esempio un articolo del prof. Angelucci) e non vengono mai contraddetti nei pubblici confronti.

Se la Confindustria teatina e l'Assomineraria hanno qualcosa da dire possono sicuramente farlo, vogliamo anche ascoltarli, purché non sia la favola di Dubai, le migliaia di posti di lavoro, la sicurezza basata sulla fiducia cieca in chi ha combinato solo guai. Se pensano di avere argomenti veri a favore del petrolio abbiano il coraggio di accettare un vero confronto, come quello del luglio 2008. Allora persero miseramente, se ora vogliono riprovarci devono rinunciare alla blindatura fisica e mentale delle loro convizioni. Affermare che un geologo, in quanto tale dev'essere necessariamente a favore del petrolio, non è un buon inizio per un confronto di tipo scientifico.

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