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02 febbraio 2018

La banalità del male, che sta tornando


Per il Giorno della Memoria è stata proposta a cura dell'associazione Chieti Nuova 3 febbraio la rappresentazione di un testo elaborato dal regista Antonio Tucci e basato sulle memorie di Liliana Segre, da poco nominata senatrice a vita.


Serena Di Gregorio ha dato volto e voce al racconto mostrando la vita normale di una ragazzina italiana sulla cui famiglia nel 1938 si è abbattuta la mostruosità delle leggi razziali: l'esclusione dalla scuola, l'indifferenza della maestra ("c'è la legge, non l'ho mica fatta io"), il disprezzo dei vicini, la banalità del male. Poi la fuga verso la Svizzera pagando i contrabbandieri (oggi si chiamano scafisti). Persone per bene trasformate in migranti clandestini. Reietti che perdono i loro bagagli gettati in malo modo in un dirupo tra le montagne, esattamente come fanno oggi gli scafisti che traghettano a caro prezzo i nuovi perseguitati.
Là, nella civile e pacifica Svizzera, trovano un funzionario che non crede alle persecuzioni (in Italia non ci sono le persecuzioni, non c'è Hitler, tutte le scuse sono buone per voler entrare in Svizzera, ma siamo pieni). Il funzionario trova anche il modo per sistemare la propria coscienza e dice che probabilmente l'uomo che ha attraversato la montagna con la sua bambina e due anziani cugini è un renitente alla leva, un furbo che vuole spacciarsi per ebreo. Respinti. Riconsegnati ai bravi italiani. Quel funzionario senza nome, che Liliana tredicenne ha supplicato invano, è stato il loro boia. Lui li ha condannati a morte. Esattamente come noi stiamo condannando oggi migliaia e migliaia di fuggiaschi. Sono davvero perseguitati o solo furbi? Quante Liliane i nostri funzionari riconsegnano ogni giorno agli aguzzini libici? Quante condanne a morte vengono pronunciate con l'ordinaria noia di uno smistamento di pacchi? Quanta banale ferocia si nasconde dietro i respingimenti attuati dai provvedimenti di Berlusconi prima e di Minniti oggi. Milioni di italiani esprimono soddisfazione e neanche si avvedono che la violenza sta cominciando a riversarsi nella loro stessa quotidianità, nei banali controlli durante un concorso,  nei riguardi degli educatori (aggrediti anche dai genitori), nei posti di lavoro che vengono trasformati in luoghi di detenzione.
E accanto alla banalità del male, che ritorna a seminare orrore, c'è l'opera intenzionale, quasi satanica, di chi si ingegna a sminuire, a nascondere, a giustificare e perfino a fare apologia del fascismo e del nazismo. I nuovi nazi-fascisti non hanno più bisogno di travestimenti, e mentre gli adulti invocano le ruspe e i metodi forti, i ragazzini li scimmiottano facendo branco contro qualche loro coetaneo più debole. Aggressioni violente, talvolta banalmente tollerate, sempre più frequenti che continuano ad essere etichettate come 'bullismo'.

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