I miei pochi lettori già conoscono la questione del petrolio in Abruzzo e non vorrei ripetere cose già dette, però voglio riproporvi la risposta di Maria Rita D'Orsogna alla lettera di Fabio Spinosa Pingue.
La chiarezza fa bene a tutti.
In Confindustria siete vecchi. Il futuro è fuori dal petrolio.
Gentile presidente Spinosa Pingue,
grazie per la lettera e per
avere reso noto il suo pensiero al pubblico d’Abruzzo tramite Il
Centro. Innanzitutto, non credo che qui si tratti di una gara a chi è
più verde, dopotutto, lei non sa niente della mia vita personale,
come io non so niente della sua. Quello che però conosco sono i suoi
scritti – e prima di lei, quelli di altri rappresentanti di
Confindustria da Mauro Angeleucci a Paolo Primavera – in merito alla
faccenda petrolio-ambiente e ai vostri ripetuti tentativi di far finta
che vada tutto bene, di negare l’evidenza, di trovare dei
distinguo o di colorare di verde il nero intrinseco del petrolio.
Purtroppo non ci sono né parole né premi che possano cambiare la
realtà: il petrolio non e’ compatibile con una regione agricola,
vitivinicola e con aspirazioni di turismo di qualità. Punto. E non
sono io a dirlo: la comunità scientifica l’ha ampiamente dimostrato
e l’esperienza comune l’ha confermato, da Viggiano a Galveston, da Port
Harcourt a Gela, tutte a modo loro rovinate dal petrolio. Lei
parla di rispetto delle leggi, ma sa meglio di me che in Italia le leggi
di cui lei parla non garantiscono la salute di nessuno.
Le leggi
italiane sono scritte ad arte per i petrolieri, e lo Sblocca Italia non
farà eccezioni. Basta confrontare l'Italia con il resto del mondo
sviluppato: i valori raccomandati dall'Oms del tutto ignorati, le
condanne e le multe inesistenti per chi inquina, Gela che muore
avvelenata senza che nessuno muova un dito. Pensi, in quella città
ogni 1000 bambini cinque nascono deformi, nel silenzio generale. Ripeto
queste cose da ormai sette anni e le ha capite e recepite l’intero
popolo d’Abruzzo. Il messaggio è arrivato, di piazza in piazza:
semplice, preciso, scientifico, senza ambiguità, ed è stato accolto
da ogni spaccato della società civile.
Lei cerca il confronto adesso
che l’opinone pubblica è tutta contraria alle trivelle. Chissa
perché quando i petrolieri avevano i permessi in tasca e la
popolazione era all'oscuro di tutto, il dialogo e il confronto non erano
all'ordine del giorno. La sua richiesta di confronto arriva con
anni di ritardo. Le ricordo che l’Eni l’ho dibattuta in più occasioni,
sia in Abruzzo che fuori regione, e con i più alti dirigenti. Alla
fine sono stati loro a non volere più il confronto con me: le loro
argomentazioni si scioglievano come neve al sole. Dal primo giorno ad
oggi non una delle informazioni che ho divulgato è stata smentita.
Non una, anzi, è tutto stato confermato dai fatti. Alla fine i signori
dell’Eni se ne sono anche andati da Ortona con la coda fra le
gambe. Vuole farlo ora il confronto? Bene. Si curi delle spese e
dell’organizzazione e verrò, ancora una volta, a dibattere di
petrolio, io e lei. Quanto alla paternale sull’aereo e sulla coerenza:
io non voglio smettere di prendere l'aereo, voglio continuare a
volare e fare tutto quello che faccio oggi, ma voglio farlo senza
energia fossile. Da persona di scienza so che un giorno questo accadrà. E
in un certo senso le nostre resistenze antipetrolio sono un passo
avanti verso quel giorno. Quelli che la pensano come lei invece sono
convinti che non ci siano alternative, che siamo condannati. Ed è
questa è la differenza tra me e lei: lei è ancorato al passato, io
voglio lavorare per un futuro migliore, voglio essere ottimista e
pensare che si, il mondo può cambiare. E’ per questo che le sue
parole mi mettono tristezza: se questo è il meglio che l’imprenditoria
d’Abruzzo sa esprimere vuol dire che siete uomini e donne antichi,
senza il coraggio o l’entusiasmo del futuro. Come lei mi ricorda, io non
vivo più in Abruzzo da quasi venticinque anni, ma questo non vuol
dire che io le voglia meno bene. Uscire, vedere come vivono gli
altri, ci fa capire cosa abbiamo e cosa potremmo avere, anche in termini
economici, se sapessimo usare la bellezza e la creatività di
questa regione invece che riempirla di raffinerie, trivelle e monnezza.
Provi a farlo anche lei questo esercizio e guardi al tutto in un
ottica più grande. Vedrà che le trivelle – nere o verdi o azzurre che
siano – sono l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno.
Maria Rita D'Orsogna
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