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20 marzo 2011

Nuove ideologie


Ci sono cose su cui è davvero difficile scherzare. Il film di Roberto Benigni ("La vita è bella") ha cercato di portare il sorriso nella vicenda dei campi di sterminio. L'incubo nucleare è un altro argomento talmente nefasto da rendere osceno ogni umorismo. Tuttavia Vauro ci ha provato con le sue vignette e un articolo di Marco Travaglio si burla dei giornalisti che davanti alla tragedia giapponese e alla evacuazione di Fukushima s'ingegnano a scrivere che non è successo niente.  Il quotidiano LIbero  nella prima pagina del 13 marzo è riuscito ad evocare una nuova Chernobyl scaricando la colpa su chi si oppone al programma governativo.



Ai tempi della mozione presentata in comune per chiedere una centrale nucleare a Chieti anch'io cercai di scherzarci, in fondo era solo una bislacca proposta nella quale probabilmente non credeva neanche chi l'aveva avanzata. Era solo una proclamazione ideologica, un modo per dire "noi stiamo dalla parte del fare". Puramente ideologiche sembrano anche le più recenti dichiarazioni del presidente regionale Chiodi che vuole un Abruzzo favorevole all'opzione nucleare (necessariamente favorevole, dice, e non è solo, qui l'elenco dei favorevoli) dichiarando allo stesso tempo che il territorio abruzzese non è idoneo.

Dicono che dopo la caduta del muro le ideologie sono morte, non è vero, le ideologie continuano a dominare e ottundere  la mente di molti. Probabilmente l'ideologia è necessaria a dare ordine al pensiero e senza schemi ideologici sarebbe difficile formulare e comunicare programmi politici. Si poteva sperare che almeno fossero le cadute le ideologie più perniciose. Non ci sono più le parate in fez e camicia nera, non ci sono più i cortei con le immagini di Lenin e Mao, ma vedo purtroppo che stanno nascendo nuove ideologie che propongono semplificazioni altrettanto efficaci che potrebbero essere altrettanto pericolose.

Per esempio vediamo che la cosiddetta "politica del fare" riduce i suoi seguaci ad una ostinazione cieca che impone autentici sacrifici: non si può rinunciare alle centrali nucleari solo perché queste sono economicamente sconvenienti; non si può rinunciare solo perché l'uranio sarà presto esaurito; non si può rinunciare solo perché non esiste un sistema di trattamento delle scorie; non si può rinunciare per la paura scatenata dall'ennesimo incidente. Di fronte alla convinzione ideologica non c'è evidenza o ragione che possa indurre qualche ripensamento. Gli ideologi del fare non rinunciano al ponte di Messina solo perché quella zona è troppo sismica; solo perché l'opera è troppo costosa e inutile; solo perché andrebbe ad arricchire le mafie; non rinunciano al TAV solo perché nessuno riesce a spiegarci a cosa dovrebbe servire, solo perché tutti là sono contrari; così non rinunciano alle guerre solo perché provocano migliaia di morti innocenti, non rinunciano a disboscare le foreste e soffocare il pianeta solo perché la sopravvivenza umana sarebbe a rischio. Queste sono tutte inezie di fronte allo splendore ideologico del "fare".

La fede nel "fare" giustifica l'uso di qualunque mezzo: l'affarismo, la corruzione, l'immoralità, il regresso civile, il degrado ambientale. La suprema necessità del fare si afferma con la stessa prepotenza dei fascismi e dei comunismi. 

Il "fare" si trasforma in un miraggio su cui fondare la nuova ideologia in virtù della sua grandiosità. E' il sogno dell'economia trionfante, del benessere radioso, delle sorti magnifiche e progressive. Non è il fare umile e concreto degli artigiani, non è la fatica quotidiana dei contadini che nessuno potrebbe invidiare o desiderare. Il "fare" allude sempre ad opere grandiose. S'impone con la forza del dogma e non può accettare compromessi con la volontà dei singoli cittadini. Il dogma non ammette la possibilità del "fare altrimenti", perciò richiede obbedienza, tenacia e genera una forza devastante. I fanatici del fare sono accecati dal loro stesso sogno come i fascisti che sognavano la gloria di un nuovo Impero Romano, come il Terzo Reich degli invasati nazisti o il mondo senza ingiustizie sociali dei bolscevichi. 

Il fanatismo ideologico è tanto più pericoloso e sanguinario quanto più il loro paradiso appare vicino e facilmente raggiungibile.

Finché l'ideologia enuncia formule vaghe ed utopistiche si riesce ancora a discuterne e l'utopia può anche diventare un faro lontano che guida le decisioni. Quando il miraggio appare a portata di mano nessun compromesso viene più accettato. Il ponte sembra quasi pronto, mafia o non mafia; il TAV può partire e sfrecciare velocissimo, anche se vuoto; dai reattori nucleari costruiti con nuovi enormi indebitamenti pubblici si vede già sgorgare abbondante energia come i fiumi di latte e miele  nel Giardino di Eden.

L'ideologia abbaglia. "Come fai a non vederlo?" ci chiede l'ideologizzato. Tanto chiaro gli appare il miraggio, come appariva il trionfo ariano ai nazisti e il mondo degli uguali ai comunisti. Chi dice di non vederlo è un vigliacco in mala fede o un "coglione" che si fa raggirare da oscure potenze nascoste nell'ombra. Ieri era l'ebreo, l'untore, il kulacco, l'armeno, la strega, l'eretico, il tutsi, oggi è l'ambientalista o il tiepido democratico. Uno che si pone come intralcio ai progetti trionfali del fare e sarà giocoforza eliminare gli ostacoli. Così, quasi inavvertitamente, il lattemiele può diventare sangue e il paradiso si rivela inferno.

Poi, quando il chiarore abbagliante dell'ideologia si spegne, tutti vedono nello scenario delle rovine che era solo delirio di fanatici e si domandano come hanno potuto credere a tali idiozie, come potevano non vedere, come potevano non capire, come potevano sopportare e sostenere l'orrore dei loro piani. Ce lo siamo chiesti per i santi padri dell'inquisizione, per i giovani delle SS, per i complici dello stalinismo, per le milizie di Mladic e Arkan, per i macellai del Ruanda... ce lo chiederemo anche per quelli che ora s'affannano a distruggere la bellezza e la natura del Mediterraneo per trasformarlo in uno sconquasso di cemento, cave, pozzi, ciminiere, reattori, oleodotti, cisterne, depositi radioattivi con recinti e guardie armate. Dove il comunismo non era arrivato a livellare la società umana arriverranno gli ogm a livellare la natura.

I nostri nipoti ci chiederanno la ragione di questo "fare" così illogico, distruttivo, come noi l'abbiamo chiesta a chi scriveva su "La Difesa della Razza", a chi proclamava l'impero, a chi elaborava le "risoluzioni strategiche" delle Brigate Rosse, ma abbiamo ottenuto soltanto balbettii sulle cose che allora andavano così. Dovremo ascoltare lo stesso balbettio autoassolutorio anche da coloro che oggi partecipano alle campagne denigratorie di Feltri, Sallusti e Belpietro che vedono il pericolo atomico nelle resistenze di chi si oppone alle centrali. Chissà come potrà giustificarsi Oscar Giannino che ci garantisce la sicurezza nucleare proprio in virtù di quello che è accaduto in Giappone.

L'ideologia del fare impone abnegazione che è anche negazione: il nucleare è sicuro, la mafia non c'è, la corruzione è normale, l'ignoranza è banale, lo sfacelo è generale. Bunga bunga per tutti. Insieme al negazionismo dell'olocausto arriva anche un negazionismo dell'effetto serra, un negazionismo del picco del petrolio, un negazionismo delle radiazioni atomiche, un negazionismo del regresso civile e morale che è sotto gli occhi di tutti. Negare tutto, negare sempre, negare anche l'esistenza delle ideologie,  morte sotto le macerie del muro. Negare perché nessuna critica deve passare, nessuna riflessione deve offuscare il miraggio né ostacolare "le sorti magnifiche e progressive" .




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