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16 febbraio 2010

Serge Latouche a Chieti


Ieri nell'auditorium della nostra università c'è stata una conferenza alla quale ha partecipato il prof. Serge Latouche. E' stata una bellissima occasione per riflettere sui principali problemi del nostro tempo con la guida di un Maestro. Parliamo di un Maestro con la maiuscola perché possiede l'intelligenza che gli consente di guardare in profondità e possiede anche la capacità di rendere chiari i problemi e le possibili soluzioni.

Ovviamente non si può ridurre la sua lezione alle poche righe sostenibili nel blog. Né la conferenza di poche ore potrebbe illustrare le sue tesi, se non per sommi capi.

Qui posso solo banalizzare e lo farò rubando una citazione che il prof. Latouche ha contrapposto a quelle di Platone, Aristotele, Hegel e Marx. Latouche ha citato con deferenza un pensiero di Woody Allen per dirci che l'umanità si trova davanti ad un bivio, da una parte c'è la prospettiva della distruzione del pianeta, dall'altra c'è la possibilità di portare l'umanità alla disperazione totale. Speriamo che l'uomo faccia una buona scelta, dice il clarinettista newyorkese, invece il prof. Latouche ci invita a cercare un'altra strada, una via che non sia distruttiva per il mondo e neanche voglia condurci inevitabilmente verso un inferno di guerre, sopraffazioni e totalitarismi.

Nelle parole di Latouche non c'è né utopia, né illusione. Egli ha detto chiaramente che ormai è troppo tardi per costruire una strada diversa, per trovare una via di salvezza. Possiamo solo sperare di ridurre i disastri che verranno. Tra questi disastri ci sono anche le crisi economiche che produrranno una "decrescita infelice". Citando Hannah Arendt "niente è peggio di una società di crescita senza crescita". Eppure sono ancora troppi quelli che pensano e scrivono che la decrescita immaginata da Latouche sarebbe proprio questo: una rinuncia a produrre, a commerciare, a progredire, a godere dei beni del mondo.

La "decrescita felice" non implica rinunce perché non vuol fermare il progresso. Non c'è vero progresso nella moltiplicazione dei beni prodotti per il profitto che sarà impegato per produrre altri beni da vendere ad ogni costo. Una spirale di "crescita infinita" sostenuta dalla perenne frustrazione pubblicitariamente indotta. E' necessario rifondare il progresso su valori diversi, più umani, ed anche più attenti alle reali esigenze economiche degli uomini. Latouche propone una economia che ignori volutamente la dimensione della crescita, le rincorse al profitto, le strategie finanziarie. Egli parla di "agnosticismo" rispetto ai più comuni canoni del progresso economico-finanziario.

Il progetto della "decrescita felice" (meglio si potrebbe dire della "acrescita" economica) non ci propone di tornare ad un mondo bucolico, immobile, privo di tecnologie, ma ci propone di razionalizzare l'economia, di spingere sull'acceleratore del progresso tecnologico alla ricerca di soluzioni più intelligenti e più vicine alle reali esigenze delle persone.


La decrescita è una rivoluzione culturale che si pone a monte delle valutazioni economiche, politiche e sociali troppo condizionate, quasi drogate, dal mito illusorio e contraddittorio della crescita infinita. La ri-evoluzione annunciata nel titolo della conferenza non è un proclama politico, ma un invito a ripensare l'economia sgombrando il campo dalle intossicazioni generate da falsi miti. Il ripensamento avrebbe ricadute anche politiche, sociali, economiche e perfino etiche, perché chiede all'uomo di alleggerire la sua impronta ecologica sul pianeta. Ci consente di dare attuazione all'invito di Papa Benedetto XVI° nel suo messaggio di capodanno: "Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato".

Siamo tossicodipendenti della crescita. Lavoriamo tutti come schiavi per sostenere il mito della crescita infinita. Una idolatria che consuma e distrugge l'esistenza dei popoli del terzo mondo e anche, in modo diverso, quella dei top-manager costretti a sacrificare ogni cosa all'idea astratta di produttività. Il prof. Lucchetta ha trovato nel "Cuore di tenebra" di Conrad una descrizione del morbo che ci sta distruggendo: il "tanfo di cupidigia imbecille". Il Marlow del romanzo arriva nelle giungle del Congo dove si faceva raccolta di avorio e oggi si fa raccolta di coltan per i nostri telefoni cellulari. Vede l'assurdità dell'accumulazione illimitata. L'economia della crescita giunge alla negazione delle proprie premesse: ciò che si fa per vivere non considera più il vivere bene e genera le condizioni del distruggere e dell'uccidere.

Il prof. Latouche ci ha portato a riflettere sulle fondamenta del nostro sistema socio-economico tracciando una via che richiama i valori della cultura umana, cristiana, nonché l'essenza della vera economia familiare e della vera politica come era già nota agli antichi, da Aristotele a Baldessar di Castiglione: la praxis, l'espressione del sé in relazione con gli altri.

La crisi economica che incombe sull'intero occidente e minaccia le nostre sicurezze economiche e sociali viene affrontata fanaticamente, col coltello tra i denti, con reazioni autoritarie e violente, con interventi bellici, con l'impoverimento progressivo di ceti sociali sempre più ampi. Forse è arrivato il momento per capire l'imbecillità di ciò che stiamo facendo.

La presenza del prof. Latouche a Chieti mi induce a riflettere anche sulla possibilità che una ri-evoluzione umanistica possa e debba cominciare da qui, da noi, dai borghi dell'Italia centrale, cioè dagli stessi luoghi e dalle stesse tradizioni che ci hanno fatto uscire, mille anni fa, dalla crisi economica e sociale seguita ai secoli del disfacimento dell'Impero Romano. Chieti è uno di questi borghi che potrebbe risorgere liberandosi dalle automobili e dai veleni, avviandosi così a ritrovare la sua antica dimensione del vivere sobriamente. Con una politica della decrescita felice che smette di guardare al cemento come motore dell'economia, la nostra potrebbe diventare davvero una "città d'arte e di cultura".

9 commenti:

@enio ha detto...

Quest'uomo è un genio e io lo adoro, mettendo in pratica i suoi insegnamenti!Una lametta io la uso finchè non taglia più il pelo della barba, la macchina finchè ha la forza di circolare e del pil che non cresce me ne fotto altamente come ebbi a dire tempo fa in un post in del mio blog... comunque invito tutti a leggere, come del resto ho fatto io, il nuovo saggio di Serge Latouche. Secondo me è la pietra miliare del pensiero anticapitalista e antiproduttivista. In poco più di 120 pagine il filosofo-economista francese espone con chiarezza i capisaldi del nuovo immaginario della decrescita, offrendo esempi concreti di modelli locali di azioni virtuose. L’impianto teorico del saggio si dipana pagina dopo pagina con notevole intensità concettuale, costringendo il lettore ad abbandonare la consueta prospettiva secondo cui l’unica cosa davvero importante è che ci sia sempre una merce da produrre e da vendere, invitandolo, al contrario, ad adottarne una nuova. Per Latouche il nostro sistema economico non è più accettabile. In particolare per due ragioni. Anzitutto perché l’ecosistema terrestre è incapace di sostenere una crescita infinita, dal momento che il suo spazio e le sue risorse sono finite e sono soggette ad un fragile, quanto vitale, equilibrio. In secondo luogo perché "l’ipocrita droga produttivista" mina lo stesso benessere psicofisico dell’uomo, privandolo della serenità, della gioia di vivere e di godere, costringendolo a diventare schiavo delle merci e soprattutto del loro incontrollabile desiderio, alimentato ad arte da chi grazie a questo modello accumula profitti e tiene le redini delle sorti della comunità umana.

@enio ha detto...

dimenticavo:
Elogio della decrescita
Serge Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena. Bollati Boringhieri, pp. 135, 9.

Dei bisogni alcuni sono naturali e necessari, altri naturali e non necessari, altri né naturali né necessari, ma nati solo da vana opinione - Epicuro -

Tom P. ha detto...

@ enio
bella la citazione di Epicuro. Sono lieto che su qualcosa siamo d'accordo. Ma come fai ad essere berlusconiano dicendoti anche favorevole alla decrescita?

@enio ha detto...

@ Tom
solo perchè non mi aumenta le tasse che per un pensionato è la rovina!!!!

@enio ha detto...

Alla luce dell’utopia concreta latouchiana, sembra passato anche il tempo dei rivoluzionari comunisti, storicamente incapaci di affrancarsi da un sistema dogmatico e di rispondere con adeguatezza ai bisogni dell’uomo. Bisogni che, nel mondo produttivista dei comunisti e dei capitalisti, sono per lo più fittizi e generati soltanto per tenere in piedi un’economia dei consumi priva di senso. E’ giunto il tempo, invece, di recuperare il concetto di limite e di costruire, partendo necessariamente dal proprio territorio, un sistema economico alternativo, che riduca gli sprechi, abbatta i consumi (soprattutto quelli "intermedi" come trasporti, energia, imballaggi e pubblicità) e che faccia, di conseguenza, dell’autonomia una parola d’ordine. Autonomia nel senso di ricercare in sé le risposte alle proprie necessità, riducendo la dipendenza dai flussi di merci e capitali gestiti dalle multinazionali, senza alcun rispetto per la dignità dell’essere umano (lavoratore/consumatore) e dell’ambiente che lo ospita. Per questo Latouche rispolvera un termine che magari farà sobbalzare sulla sedia i sinistrorsi ormai abituati ai salotti buoni della finanza: protezionismo. Se non si proteggono le ricchezze locali, si cade necessariamente in balia di un mercato globale tutt’altro che democratico, e capace, invece, di generare situazioni che violentano il buon senso, come ben esemplificato dal caso delle aragoste scozzesi che, pescate nel Mare del Nord, vengono spedite (inquinando) in Thailandia per farsi pulire a mano da operai semischiavizzati e poi ritornano ancora in Scozia (re-inquinando) per essere cotte prima di finire sui banconi dei supermercati di mezzo mondo con il marchio Findus. Per non parlare dell’aberrazione di un mercato che attualmente costringe Paesi come la Somalia o l’Etiopia, in piena carestia alimentare, a dimenticare la propria gente e a concentrarsi solo sull’esportazione degli alimenti utilizzati per mantenere i nostri animali domestici.

Tom P. ha detto...

@ enio

Berlusconi non ci fa pagare le tasse? a sentire lui è così, a guardare i numeri non si direbbe e comunque il vero alleggerimento c'è stato per i grandi patrimoni e le grandi rendite finanziarie, non per noi. Ma sei vuoi crederci, non voglio essere io a guastarti l'illusione.

Il protezionismo sarebbe l'incubo dei comunisti? sei sicuro? non era Bertinotti che da vent'anni va dicendo di bloccare l'ingresso a merci prodotte in paesi dove i diritti dei lavoratori non sono abbastanza tutelati?

Comunque, anche ad immaginare che sia vero quel che dici, non so cosa direbbe Latouche della tua idea di consegnare la nazione a chi ci annega di pubblicità, ci trasforma i beni pubblici (perfino l'acqua!) in SPA, ci fa costruire un faraonico ponte per creare giri d'affari (crescita) più o meno leciti, ci spinge a consumare senza freni, ci blocca la ricerca scientifica, ci toglie gli incentivi dalle energie alternative, depenalizza i reati ambientali (basta, l'elenco non finirebbe più) col buon motivo di salvare qualche euro dalle tasse. Che ti ci compri con quegli euro che hai salvato dall'avidità dei sinistri-protezionisti?

Tom P. ha detto...

sulla WebTV dell'Università c'è un breve video del prof Latouche

Tom P. ha detto...

Da scrivo nel blog evitando la trappola del destra-sinistra. E' uno schema che impedisce di guardare i problemi e di ragionare. Non vorrei ricadere nella trappola. Parliamo di decrescita, consumismo, protezionismo, ecc. ma senza schema pregiudiziale, altrimenti non si ragiona.

La teoria dellacrescita infinita ha fatto un grande balzo con la globalizzazione che porta le aragoste a fare il giro del mondo. Il grande movimento No-global o New-global sta combattendo da anni contro questo fenomeno e ha versato anche il sangue sulle strade di Genova. Dire che questi dissidenti della nuova economia, tra le quali molte associazioni cattoliche, sono comunisti, eco-terroristi, nemici del progresso, ecc. è solo un modo per rifiutare il discorso. Vorrei evitare questo errore.

@enio ha detto...

@Tom
Grazie per il link del filmato... Aggiungo solo quest'ultima mia considerazione, lasciando ad altri più preparati di me altre interpretazioni sul grande Latouche... La politica della decrescita, mi affascina perchè non è di destra e non discrimina nessuno, anzi, tiene a cuore il benessere psicofisico dell’intero genere umano, combattendo un sistema iniquo e dannoso. Ma non è nemmeno una prospettiva di sinistra, se per sinistra intendiamo una politica produttivista "moderatamente" selvaggia o un sistema comunista altrettanto schiavo del dogma della crescita. Eppure, a pensarci bene, se il compito della sinistra fosse quello di contribuire alla costruzione di un mondo nel quale tutti possano soddisfare i bisogni elementari, senza soffocare, senza perdere il gusto della convivialità, del riposo, del piacere e del godimento delle piccole cose, vivendo in modo più lento, più profondo e più dolce, il saggio di Latouche potrebbe essere il nuovo "Manifesto"