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04 settembre 2009

L'ultimo dei cavalieri di Camelot

La notizia della scomparsa di Ted Kennedy mi ha costretto a tornare sulla vecchie fotografie come si fa quando viene a mancare uno di famiglia. Se n'è andato un pezzo della mia storia personale e della mia identità civile. L'ultimo di una grande generazione che ha regalato al mondo la bellezza e la felicità di poter perseguire grandi ideali.

I fratelli Kennedy con tutti i loro difetti, di cui Ted ha fatto più volte pubblica ammenda, hanno dato volto e voce alla parte migliore dell'America. Hanno portato in politica gli ideali cristiani coniugandoli col sogno libertario degli anni sessanta.

L'album dei ricordi di chi ha avuto la fortuna di condividere con loro un pezzo di strada è un album bellissimo, anche se le immagini tragiche non mancano. C'è James Meredith che viene accompagnato all'università dagli agenti federali; ci sono i primi astronauti nello spazio; c'è il delirio dei giovani ai concerti di Elvis; gli studenti radunati intorno alla cattedra di Herbert Marcuse; Angela Davis che esce dal carcere e Cassius Clay che viene arrestato per renitenza; c'è Rosa Parks sul pulmann che la riporta a casa, in Cleveland Avenue; ci sono gli insegnamenti di Timothy Leary, Ronald Laing e Marshall McLuhan, ci sono le marce pacifiste, i raduni hippie, gli occhiali rotondi di John Lennon e di Allen Ginsberg, i colori esaltati della pop art, lo human be-in di San Francisco, le motociclette di Easy Rider che corrono attraverso le mille contraddizioni della beat generation e qui non potrà mancare una foto di Fernanda Pivano che se n'è andata solo pochi giorni fa.

Nello stesso album c'è anche Angelo Roncalli, il Papa buono, un'immagine di Olof Palme in bicicletta, il maggio francese e i carrarmati russi che spengono la primavera di Praga. E c'è anche il sessantotto italiano in cui si riconoscono Mario Capanna, Franco Basaglia, don Lorenzo Milani, gli angeli nel fango di Firenze, i versi scanzonati di Shel Shapiro e RocKy Roberts insieme all'ambientalismo ante litteram di Adriano Celentano. C'è sicuramente Gino Strada e la sua compagna Teresa Sarti (anche lei scomparsa in questi giorni) che non hanno mai smesso di camminare sul difficile sentiero della pace e della solidarietà umana.

Pallottole a Dallas, pallottole a Memphis, pallottole nell'albergo di Los Angeles, pallottole contro Olof Palme alla fermata del bus, pallottole intorno agli ospedali di Emergency, pallottole per soffocare nel sangue le voci del grande risveglio umanista e pacifista. Pallottole che hanno inoculato veleni rabbiosi e timori che hanno fatto confondere i capelli lunghi di Charles Manson con quelli di Bob Dylan, la violenza con la non violenza, i fiori con le bombe. Pallottole che sono arrivate anche qui ad assassinare Aldo Moro che era, in Italia, sullo stesso sentiero dei Kennedy, portatore di quella visione profondamente cristiana e laica, liberale e democratica.

Aldo Moro non ha lasciato eredi nella politica italiana, invece in America Ted, il fratello piccolo, è diventato il grande vecchio del mondo democratico. La presenza vivente di quella che Pasolini definì la "grande adulta sapienza liberale" dei Kennedy. Una sapienza naturale che si fonde col destino e Pasolini riconosceva nella passione civile di Robert l'antica figura di Oreste. E anche Bernard Henri Levy ora assomiglia i tre fratelli a Edipo, Oreste e Narciso. Stefania Rossini sull'Espresso parla di "mito" dei Kennedy, nuovi greci d'America. Ai greci dobbiamo tornare ogni volta che ci troviamo davanti a figure umane capaci di segnare profondamente l'immaginario collettivo. Eppure per me la loro vicenda resta una riproposizione della Tavola Rotonda.

Il presidente Kennedy riunì intorno a sé un brain trust composto da cervelli di prima grandezza come Arthur Schlesinger, John Kenneth Galbraith, Robert Mac Namara, Ted Sorensen, il fratello Bob Kennedy, il 'piccolo' Ted ed altri. Consapevoli d'aver formato una nuova Camelot e ben determinati a combattere sulla "nuova frontiera".


La Camelot kennediana ci ha fatto scoprire cos'era davvero la ricerca del Santo Graal: non una coppa miracolosa, ma il miraggio delle beatitudini cristiane tradotto in obiettivo politico. L'idea di realizzare in concreto il mondo pacifico e solidale, senza odio e senza miserie. Il coraggio di sfidare l'apatia, la rassegnazione, la paura per andare oltre i limiti del così va il mondo. Una sfida personale che non ha nulla a che vedere col paradiso marxista dove viene negato il diritto di proprietà e di iniziativa privata per costruire un sistema perfetto. La democrazia liberale deve realizzarsi nel nostro solito mondo imperfetto chiamando i cittadini di buona volontà all'impegno faticoso e quotidiano, al rigore etico che si impone anche nella legge e nella pubblica autorità, per avvicinarsi alla felicità di tutti.

Nella nuova Camelot di JFK abbiamo visto astronauti bardati come nuovi cavalieri del cosmo che partivano verso la luna; abbiamo visto il reverendo Martin Luther King come un nuovo Mago Merlino che radunava le moltitudini per evocare sogni straordinari; abbiamo visto i druidi preparare nuovi portentosi medicinali e sconfiggere malattie che si credevano incurabili; abbiamo ascoltato i bardi che cantavano "blowin' in the wind" e danzavano a ritmo di rock'n roll davanti a un guerriero chitarrista vestito di frange e decorazioni luccicanti, bello come Lancillotto; abbiamo rivisto nella dolcissima Jacqueline la nostra regina Ginevra e ci siamo lasciati stregare da Marilyn Monroe come una fata Morgana.

Ora che l'ultimo cavaliere della tavola rotonda se n'è andato, tutto potrebbe scomparire. La Camelot kennediana potrebbe sembrare il racconto di una favola e già qualcuno l'arricchisce di nuovi intrighi, illusioni e malignità. I tentativi di appannare l'immagine dei Kennedy sono sempre più frequenti, ma non possono scalfire niente di quello che è stato e che noi abbiamo visto e vissuto. Sarebbe come voler distruggere gli ideali cristiani con la scoperta che c'era anche Giuda tra i 12 apostoli oppure col racconto dei peccati giovanili di Francesco d'Assisi. Il ruolo dei Kennedy nell'affermazione degli ideali democratici, libertari e pacifisti non può essere smentito dalla riscoperta dei loro veri o presunti peccati personali.

Per portargli l'ultimo saluto sono partiti in molti alla volta di Boston facendo viaggi lunghissimi. Molti hanno voluto salutare l'uomo sincero e generoso, ma l'addio all'ultimo eroe di Camelot chiude un'epoca che è stata anche la mia.

Avrei voluto assistere a una diretta TV come quella che abbiamo visto alla morte di Giovanni Paolo II°: tutti in silenzio di fronte alla Storia che passa. Ma in queste giornate di calura e di vacanze la famiglia è disgregata e distratta. I miei figli avevano visto qualcosa del vecchio papa curvo e balbuziente; nulla sanno di questi vecchi signori d'America.

E pensare che io ricordo ancora la mattina in cui mia nonna accese la televisione. Avevo quasi sei anni e sapevo che le trasmissioni televisive cominciavano alle cinque di pomeriggio, con la Tv dei Ragazzi, ma stranamente quella mattina il televisore funzionava e vennero anche i vicini di casa a guardare. Io non capivo. Vedevo le immagini in bianco e nero di un funerale che lasciava tutti attoniti. Le foto di un vecchio signore col panciotto e il sigaro, e anche quelle in cui salutava con due dita alzate non mi dicevano niente, ma vedevo l'emozione di tutti e capivo che quel vecchio signore era il nonno di tutti. La sua vita doveva essersi legata in qualche modo a quella di mia nonna, di mia mamma, di mio padre, della mia vicina di casa e anche di chi aveva deciso di stravolgere gli orari della televisione. Non avevo ancora cominciato neanche la prima elementare e solo negli anni successivi i libri di storia mi avrebbero spiegato le ragioni di quella grande emozione collettiva. Il vecchio conservatore inglese che si chiamava Sir Winston Churchill (e forse non era per niente simpatico) era davvero un nonno: ci aveva lasciato una straordinaria eredità, un patrimonio di libertà. Spero che un giorno anche i miei figli possano comprendere dalle pagine della storia lo spirito dell'età kennediana.

Con Churchill se ne andava una storia tremenda, come quella di un San Giorgio che aveva combattuto e sconfitto i draghi (per sfinire l'ultimo dovrà arrivare il papa polacco). Con Ted Kennedy se ne va un mondo meraviglioso entusiasmante che è stato ferito e lacerato da una volontà violenta, ma la ricerca del Santo Graal non finisce.


La nuova frontiera s'è popolata di mostri. Non c'è più Artù, non ci sono più i cavalieri della Tavola Rotonda: Lancillotto, Galvano e Mago Merlino. Anche l'ultimo cavaliere ora ci ha lasciato per sempre. Qui, in Italia, trionfa la peggiore ignoranza, un cesarismo volgare, la piaggeria dei codardi. Stiamo sprofondando nella povertà e nel brutale razzismo di quel "serraglio di disperati" che Giacomo Leopardi prevedeva per ogni comunità in cui l'immaginazione perde vigore e la grandezza e la bellezza delle cose perdono sostanza e la religione perde il suo credito. Tutto sembra perduto, ma laggiù, nel Massachusetts, il vecchio senatore Kennedy ha fatto in tempo a lasciare il testimone a Barack Obama. Se oggi gli USA hanno un presidente nero vuol dire che quel reverendo King, nobel a 35 anni, sapeva davvero preparare magie come un vero Mago Merlino. E vuol dire che il piccolo vecchio Ted ha fatto la sua parte. Non è stata una favola.

La tavola rotonda non c'è più, ma il suo valore dovrà essere salvato e custodito nei cuori: tesoro per le future generazioni che, dopo l'ubriacatura di egoismi e volgarità a cui oggi assistiamo, torneranno sulla via degli ideali.



1 commento:

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e