Tra le case pericolanti e le macerie del terremoto s'aggirano angeli e sciacalli. Ci sono angeli soccorritori e angeli consolatori, ci sono angeli a quattro zampe e sciacalli con le telecamere. Non è di loro che vogliamo parlare, ma di lei, Antigone, l'abbiamo riconosciuta. Antigone chiede una degna sepoltura per suo fratello e con la sua fierezza di sempre chiede giustizia. Non vuole accusare nessuno, ma dice che non può seppellire il fratello nelle stesse macerie che l'hanno ucciso, non può coprire il suo corpo con la polvere del cemento avariato.
Si chiama Lilli, ma la sua voce è inconfondibile, chiede giustizia con una fierezza che non si piega agli editti e agli artifici burocratici. Non è un'attrice che recita. Lei è la vera Antigone e ci dice che Davide, suo fratello, non era andato in guerra e la morte di Davide non può essere ascritta soltanto ai capricci e alla crudeltà del fato.
Lilli-Antigone porta scandalo nel palazzo dove si voleva celebrare la vittoria e l'eroismo dei soccorritori. Antigone disturba la parata delle bandiere. Antigone vuole una terra degna di accogliere le spoglie del fratello ucciso. Non vuole accusare nessuno, ma è tornata ad interrogare il potere con quella domanda che scava nelle coscienze. Davanti alla sua domanda non possiamo cavarcela con l'artificio di ricucire le maglie della formalità burocratica.
Il Presidente Giorgio Napolitano ha detto che dobbiamo tutti sentirci in colpa. Siamo tutti responsabili: ministri e muratori, ingegneri e imprenditori, controllati e controllori. Ma Lilli era venuta solo per studiare e questa responsabilità generale non risponde alla sua domanda, piuttosto contribuisce a spargere nebbia dove tutti sono nessuno. La saggezza del Presidente rischia di essere tradotta nel solito "chi ha avute ha avute, chi ha date ha date". Le leggi resteranno sulla carta, le condanne cadranno in prescrizione e i soldi della ricostruzione saranno bottino degli sciacalli, quelli veri, quelli che arrivano solo alla fine, quando tutte le luci della ribalta si saranno spente.
Ma noi sappiamo che ci sarà Antigone a vigilare. Verrà con le sue compagne a bussare alle nostre porte e interrogare le nostre coscienze. Anche se riusciranno a spegnere le telecamere di Michele Santoro, anche se gli inni copriranno i pianti e le voci, noi riconosceremo Lilli e le sue compagne di università. Dobbiamo rispondere alla sua domanda.
Lilli-Antigone porta scandalo nel palazzo dove si voleva celebrare la vittoria e l'eroismo dei soccorritori. Antigone disturba la parata delle bandiere. Antigone vuole una terra degna di accogliere le spoglie del fratello ucciso. Non vuole accusare nessuno, ma è tornata ad interrogare il potere con quella domanda che scava nelle coscienze. Davanti alla sua domanda non possiamo cavarcela con l'artificio di ricucire le maglie della formalità burocratica.
Il Presidente Giorgio Napolitano ha detto che dobbiamo tutti sentirci in colpa. Siamo tutti responsabili: ministri e muratori, ingegneri e imprenditori, controllati e controllori. Ma Lilli era venuta solo per studiare e questa responsabilità generale non risponde alla sua domanda, piuttosto contribuisce a spargere nebbia dove tutti sono nessuno. La saggezza del Presidente rischia di essere tradotta nel solito "chi ha avute ha avute, chi ha date ha date". Le leggi resteranno sulla carta, le condanne cadranno in prescrizione e i soldi della ricostruzione saranno bottino degli sciacalli, quelli veri, quelli che arrivano solo alla fine, quando tutte le luci della ribalta si saranno spente.
Ma noi sappiamo che ci sarà Antigone a vigilare. Verrà con le sue compagne a bussare alle nostre porte e interrogare le nostre coscienze. Anche se riusciranno a spegnere le telecamere di Michele Santoro, anche se gli inni copriranno i pianti e le voci, noi riconosceremo Lilli e le sue compagne di università. Dobbiamo rispondere alla sua domanda.
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