Il ritrovamento di una tomba vicino al Largo Barbella è un fatto sorprendente e ancor più sorprendente è sapere che si tratta di un'antica sepoltura longobarda rimasta là, intatta, per tredici o quattordici secoli.
E' strano pensare d'aver camminato tante volte su quella tomba senza sospettare nulla. E' strano pensare agli operai che hanno lavorato alle fondamenta dei vicini palazzi e a quelli, altrettanto ignari, della manutenzione stradale.
Tomba ignota di un uomo ignoto. I curiosi che si sono avvicinati allo scavo durante il ritrovamento hanno pensato ad un morto dell'ultima guerra, forse un soldato sepolto in tutta fretta per evitare rappresaglie. Abbiamo la tendenza a riportare tutto negli angusti limiti dell'esperienza personale. Pochi anni fa nel rifacimento della pavimentazione di piazza Valignani perfino il sindaco provò a smentire gli archeologi: "quelli sono i mattoni della fornace di Femminella e mi ricordo pure di quando ce li hanno messi". Ma non credo che la pavimentazione a mosaico rinvenuta vicino all'ingresso del Teatro potesse trovare qualche spiegazione nella pur formidabile memoria di Nicola Cucullo. Quei mosaici non potevano averli fatti gli scolaretti delle Nolli. E' vero che tutti i dubbi sono leciti da quando i maggiori esperti d'arte autenticarono a Livorno le pietre scolpite per gioco col Black & Dacker come capolavori di Amedeo Modigliani, ma a Chieti non sembra esserci possibilità di burla. I mosaici erano mosaici e lo scheletro senza panni e senza scarpe non ha nessuna possibilità di essere un morto d'epoca recente.
Le spoglie rinvenute sotto il pavimento di quella via senza nome che immette dal corso in Largo Berbella sono i resti di qualcuno che vide Chieti nella sua forma romana, decaduta, ma forse non molto cambiata dal periodo del suo splendore. Il longobardo ha ascoltato le voci di chi usava ancora la lingua di Ovidio, a lui probabilmente incomprensibile. Non sappiamo il suo nome, la sua storia; non sappiamo se tra i teatini di oggi ci sono suoi discendenti. Sappiamo solo che lui ha riposato là, sotto pochi centimetri di terra calpestata ogni giorno da centinaia di ruote e di piedi. Nemmeno i grandi faraoni hanno goduto di un così lungo periodo di inviolato riposo.
Sulla sua anonima tomba sono passati quasi tutti gli abruzzesi, venuti a Chieti per sbrigare qualche ufficio, per la visita militare o la processione. Nei secoli passati là hanno passeggato dame e cavalieri. Quel velo di terra battuta è stato calpestato dai piedi scalzi di bambini, dagli zoccoli dei muli, dai sandali dei domenicani e dalle ruote dei carretti. Tutti i giorni, tutte le stagioni, senza sosta, per anni e anni, generazioni e generazioni, attraverso guerre, epidemie, signorie, sconvolgimenti epocali. Centinaia di famiglie hanno costruito le loro fortune, edificato palazzi, eretto torri e cappelle e poi si sono estinte senza che nulla sia rimasto di loro. Le chiese, i monasteri, le case sono cambiati mille volte attraverso tanti secoli, mentre il longobardo era sempre là, sotto quei pochi centimetri di terra.
Per la sua sepoltura era stato scelto un luogo appropriato, vicino al punto in cui la via consolare romana (la Tiburtina Valeria che a quei tempi passava ancora sul tracciato del Corso Marrucino) s'incrociava col percorso che conduceva all'antico tempio di Iside, affacciato verso la valle in direzione del tramonto del Sole. La zona era equidistante dal tempio di Ercole e dai tempietti gemelli (Castore e Polluce?). A quell'epoca gli edifici sacri erano già riadibiti al culto cristiano e non sappiamo se lo straniero fosse cristiano, cosa poco probabile. Comunque tra templi e chiese il suo riposo doveva sembrare ben protetto e così infatti è stato. Nei secoli nessuno ha violato la tomba fino all'arrivo degli operai che il sindaco Ricci invia ogni mattina ad aprire un nuovo cantiere e a smuovere perfino la terra di ultramillenaria posa.
Se il longobardo avesse potuto essere presente alla sua fortuita riesumazione si sarebbe sorpreso più di noi e forse si sarebbe anche incavolato non poco a ritrovarsi là, davanti alle scale dei cessi pubblici, tra muri di banche, parcheggi e cassonetti di spazzatura. Non c'è più neanche un albero, una siepe, un cippo, una fontana, nemmeno il panorama della valle con i suoi meravigliosi tramonti ora completemente oscurati dai palazzi di Largo Barbella e via Vitacolonna: "ditemi, chi è stato - urlerebbe nel suo idioma germanico tra la puzza e il rumore di automobili - chi ha trafugato la mia salma per portarla in questo postaccio immondo?"
Scherzi a parte, credo che potrebbe essere interessante cercare di recuperare le carte (se esistono ancora) riguardanti la costruzione del Banco di Napoli (attuale San Paolo). E' strano che proprio in quel punto l'edificio abbia una rientranza. Ci dev'essere stato un motivo molto serio per rinunciare alla pianta quadrata. E' possibile che là ci sia stato qualcosa che impediva un'appropriazione privata nonostante le enormi disponibilità finanziarie di una Banca.
Potrebbe essere interessante anche una ricerca sulla realizzazione dei servizi igienici perché costituiscono una servitù pubblica gravante su un edificio privato. Potrebbero essere stati realizzati sulla base di qualche preesistente vincolo pubblico.
E' strano pensare d'aver camminato tante volte su quella tomba senza sospettare nulla. E' strano pensare agli operai che hanno lavorato alle fondamenta dei vicini palazzi e a quelli, altrettanto ignari, della manutenzione stradale.
Tomba ignota di un uomo ignoto. I curiosi che si sono avvicinati allo scavo durante il ritrovamento hanno pensato ad un morto dell'ultima guerra, forse un soldato sepolto in tutta fretta per evitare rappresaglie. Abbiamo la tendenza a riportare tutto negli angusti limiti dell'esperienza personale. Pochi anni fa nel rifacimento della pavimentazione di piazza Valignani perfino il sindaco provò a smentire gli archeologi: "quelli sono i mattoni della fornace di Femminella e mi ricordo pure di quando ce li hanno messi". Ma non credo che la pavimentazione a mosaico rinvenuta vicino all'ingresso del Teatro potesse trovare qualche spiegazione nella pur formidabile memoria di Nicola Cucullo. Quei mosaici non potevano averli fatti gli scolaretti delle Nolli. E' vero che tutti i dubbi sono leciti da quando i maggiori esperti d'arte autenticarono a Livorno le pietre scolpite per gioco col Black & Dacker come capolavori di Amedeo Modigliani, ma a Chieti non sembra esserci possibilità di burla. I mosaici erano mosaici e lo scheletro senza panni e senza scarpe non ha nessuna possibilità di essere un morto d'epoca recente.
Le spoglie rinvenute sotto il pavimento di quella via senza nome che immette dal corso in Largo Berbella sono i resti di qualcuno che vide Chieti nella sua forma romana, decaduta, ma forse non molto cambiata dal periodo del suo splendore. Il longobardo ha ascoltato le voci di chi usava ancora la lingua di Ovidio, a lui probabilmente incomprensibile. Non sappiamo il suo nome, la sua storia; non sappiamo se tra i teatini di oggi ci sono suoi discendenti. Sappiamo solo che lui ha riposato là, sotto pochi centimetri di terra calpestata ogni giorno da centinaia di ruote e di piedi. Nemmeno i grandi faraoni hanno goduto di un così lungo periodo di inviolato riposo.
Sulla sua anonima tomba sono passati quasi tutti gli abruzzesi, venuti a Chieti per sbrigare qualche ufficio, per la visita militare o la processione. Nei secoli passati là hanno passeggato dame e cavalieri. Quel velo di terra battuta è stato calpestato dai piedi scalzi di bambini, dagli zoccoli dei muli, dai sandali dei domenicani e dalle ruote dei carretti. Tutti i giorni, tutte le stagioni, senza sosta, per anni e anni, generazioni e generazioni, attraverso guerre, epidemie, signorie, sconvolgimenti epocali. Centinaia di famiglie hanno costruito le loro fortune, edificato palazzi, eretto torri e cappelle e poi si sono estinte senza che nulla sia rimasto di loro. Le chiese, i monasteri, le case sono cambiati mille volte attraverso tanti secoli, mentre il longobardo era sempre là, sotto quei pochi centimetri di terra.
Per la sua sepoltura era stato scelto un luogo appropriato, vicino al punto in cui la via consolare romana (la Tiburtina Valeria che a quei tempi passava ancora sul tracciato del Corso Marrucino) s'incrociava col percorso che conduceva all'antico tempio di Iside, affacciato verso la valle in direzione del tramonto del Sole. La zona era equidistante dal tempio di Ercole e dai tempietti gemelli (Castore e Polluce?). A quell'epoca gli edifici sacri erano già riadibiti al culto cristiano e non sappiamo se lo straniero fosse cristiano, cosa poco probabile. Comunque tra templi e chiese il suo riposo doveva sembrare ben protetto e così infatti è stato. Nei secoli nessuno ha violato la tomba fino all'arrivo degli operai che il sindaco Ricci invia ogni mattina ad aprire un nuovo cantiere e a smuovere perfino la terra di ultramillenaria posa.
Se il longobardo avesse potuto essere presente alla sua fortuita riesumazione si sarebbe sorpreso più di noi e forse si sarebbe anche incavolato non poco a ritrovarsi là, davanti alle scale dei cessi pubblici, tra muri di banche, parcheggi e cassonetti di spazzatura. Non c'è più neanche un albero, una siepe, un cippo, una fontana, nemmeno il panorama della valle con i suoi meravigliosi tramonti ora completemente oscurati dai palazzi di Largo Barbella e via Vitacolonna: "ditemi, chi è stato - urlerebbe nel suo idioma germanico tra la puzza e il rumore di automobili - chi ha trafugato la mia salma per portarla in questo postaccio immondo?"
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Scherzi a parte, credo che potrebbe essere interessante cercare di recuperare le carte (se esistono ancora) riguardanti la costruzione del Banco di Napoli (attuale San Paolo). E' strano che proprio in quel punto l'edificio abbia una rientranza. Ci dev'essere stato un motivo molto serio per rinunciare alla pianta quadrata. E' possibile che là ci sia stato qualcosa che impediva un'appropriazione privata nonostante le enormi disponibilità finanziarie di una Banca.
Potrebbe essere interessante anche una ricerca sulla realizzazione dei servizi igienici perché costituiscono una servitù pubblica gravante su un edificio privato. Potrebbero essere stati realizzati sulla base di qualche preesistente vincolo pubblico.
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A questo link c'è la documentazione fotografica del ritrovamento realizzata da Daniele Nicolucci.-
14 commenti:
la nostra città sotterranea per paradosso è più viva della soprastante e loro dopo scavi e scavetti la risotterrano di nuovo..
non so quando chi confonde il laterizio antico con i mattoni di femminella si decida a fare un piano serio per mettere in luce i diversi strati della città
Chissà bucare dalla villa a san giustino, dal pozzo a santa maria, avere un manto stradale fatto in VETRO, camminare ed osservare la storia... QUESTO E' TURISMO, che dite?
@Roberto
In altre città per permettere di vedere "quelleMeraviglie" come le chiami tu, trasportano l'intero mosaico o l'intero "rudere" in un luogo più sicuro ( solitamente questo è un museo )e permettono alla gente di goderne. A Chieti, come ebbi a scrivere nel mio post precedentemente mandato e subito CASSATO da Tom, c'è molta ignoranza nei confronti di simili eventi. Ricordavo ciò che mi diceva mio padre,un onesto muratore, che simili "eventi" venivano nascosti per non ritardare i lavori di costruzione. A Chieti, mi ricordo poi quando rifacemmo il Corso ( il pavimento ) e io per guadagnare qualche lira durante le vacanze scolastiche, feci l'aiutante carpentiere, scavando trovammo di tutto, dai moschetti della II guerra alle giberne e agli elmi dei militari arrugginiti.Chieti sotterranea è un "tesoro" inestimabile ma nessuno ha mai avuto voglia e soldi per poterla indagare.
Voglio dare il benvenuto a Fr:d, credo sia la prima volta che interviene nel blog.
Non vorrei aver scritto male, ma i lavori di pavimentazione in piazza Valignani (il pozzo) e le relative polemiche riguardavano la vecchia amministrazione. In passato le polemiche tra Comune e Sovrintendenza erano continue. Potrei sbagliarmi ma non credo che si trattasse di "confusione" di sui materiali.
Bentornato a Roberto Di Monte. Spero di riprendere gli spunti del suo intervento nei prossimi post che vorrei dedicare al turismo.
@ Enio
non ho "cassato" niente e non capisco a quale post fai riferimento. Ieri il blog mi risultava inaccessibile, non vorrei che ci sia stato qualche disguido tecnico, ma non ho trovato traccia di altri commenti oltre a quelli che compaiono. Anche una cancellazione per errore avrebbe dovuto rimanere visibile. Mi dispiace che si sia creato questo problema e spero che non sia successo altre volte che commenti inviati a questo blog siano scomparsi.
L'unica volta che ho oscurato un commento l'ho scritto indicando discretamente anche il motivo. Altri problemi non mi risultano.
Dal pannello di controllo del blog ho visto che il commento di Fr:d conteneva un link al
www.comitatoabruzzesedelpaesaggio.com che risulta invisibile nella normale visualizzazione del commento (misteri delle tecnologie).
Lo segnalo perché ho visto che si tratta di un link interessante. C'è anche una bella documentazione fotografica sulla casa dello studente presso il nostro Campus.
Alla domanda su come fosse riuscito a convincere la responsabile a fargli fotografare i reperti mi ha detto :
"...Ho parlato con la dottoressa che stava scavando, mercoledì, e mi ha
detto che secondo loro ci sono altre tombe; sembra essere roba del '700
e.v. (o del VII secolo e.v., non ricordo).
Mi ha anche fatto entrare nell'area "non rompete le palle", vale a dire
dietro le transenne, per scattare qualche foto. Peccato che il cranio
fosse già stato tolto e raccolto nella stagnola, ma mentre scavava ha
tirato fuori un dente in condizioni pressoché perfette. Mi ha spiegato
che i denti sono tra le ossa più indistruttibili perché sono piccoli ed
è difficile che si spacchino ulteriormente, al massimo (come in questo
caso) la terra, se mal conservata, richiude le carie. Perfino le gemme
dentali dei feti si conservano alla perfezione..."
Io sono possibilista e ottimista e spero che tutti possano vedere i reperti, magari sistemati, in uno dei nostri musei.
Ha ragione l'anonimo che dice che bisognerebbe rendere visibile Chieti sotterranea, ma, purtroppo, come dice anche Nonno Enio, non ci sono nè la volontà politica, nè i soldi per farlo
Basti pensare al fatto che, il ritrovamento del guerriero longobardo del VII secolo d.c., è passato in secondo piano sulle pagine della stampa e sui rotocalchi dei Telegiornali locali.
Comunque, il longobardo, come ha spiegato benissimo l'autore di questo interessante sito che non so chi sia, è vissuto nel periodo storico appena successivo a quell'epoca che gli storici contemporanei hanno recentemente ribbattezzato col nome di " Tarda Antichità" che va dal 306 d.c., anno dell' avvento al potere imperiale di Costantino il Grande, al 564 d.c.,data della fine del dominio dell'Impero Romano d'Oriente in Italia ( in Occidente non si acclamava piu' un imperatore dal 476 d.c.) che da quel momento con l'avvento degli imperatori "traci", si "grecizzerà" sempre piu', prendendo storicamente il nome di Impero "bizantino" allontanandosi dalle faccende occidentali ed italiane in particolare .
Il guerriero longobardo, probabilmente di fede cristiana ariana, quindi che non riconosceva il potere del Vescovo di Roma (erede in Occidente dell'imperatore in quanto Pontefice Massimo) e non considerava un' unica divinità la Santissima Trinità, è vissuto nella Chieti romana ormai decaduta,in cui, come ben detto i templi pagani si erano trasformati in Chiese cristiane e, la "Civitella" manteneva la sua funzione sociale ed economica,perdendo quella politica a favore dei palazzi dei signori.
All'epoca, infatti, si cominciava ad assistere al ricambio della classe dirigente italica, con la scomparsa delle residue istituzioni romane ( vedesi ad esempio fine del Senato Romano all'inizio del VII secolo d.c. )e l'Italia, secondo alcuni storici, stava prendendo quel substrato etnico che ha costituito l'essenza della nazione italiana in età contemporanea .
Tornando alla storia di Teate, va sottolineato che, per " pompare nuova linfa vitale" al "cuore" della nostra città abbiamo bisogno di valorizzare e rendere visibili al massimo le nostre bellezze archeologiche.
Solo in questo modo possiamo sperare di salvare alla grande la nostra identià dalla globalizzazione economica imperante che ci ha fagocitati (vedesi area metropolitana, storicamente inesistene ).
Per fare ciò sono necessari: forti finanziamenti da parte delle istituzioni ( che fino agli anni '80 hanno foraggiato largamente le casse comunali di Chieti ), oppure investimenti da parte dei privati ( se i soldi pubblici non dovessero arrivare a sufficienza, cosa che è purtroppo molto probabile con i tempi che corrono ), ma per fare cio' è necessaria una politica di marketing da parte dei nostri amministratori che devono saper pubblicizzare al meglio il marchio della nostra città,cosa che, purtroppo, ancora non avviene .
Oggi, viviamo nell'epoca dell'apparenza,della scienza ipotetico - sperimentale moderna, tramite cui si pensa che si possa risolvere qualunque problema, ma, in realtà,ancora molti misteri si celano alla mente umana.
Per esempio, pochi sanno che, le civiltà antiche avevano raggiunto un livello di sviluppo socio-economico che era molto simile al nostro con un livello tecnologico molto inferiore. Evidentemente, la storia ci nasconde ancora grandi segreti da scroprire e Teate ( oggi Chieti ) è una testimonianza storica "vivente", ancora in minima parte conosciuta delle meraviglie dei nostri avi.
AVANTI TEATE, " IL FUTURO HA RADICI PROFONDE CHE NON GELANO MAI".
Ah dimenticavo, se volete contattarmi per parlare, confrontarci o segnalarmi qualche problema, potete scrivermi all'indirizzo di posta elettronica CRISTIANOVIGNALI6@katamail.com, telefonarmi al numero 3291324413, oppure semplicemente commentare il mio blog personale www.lombelicodelmondo.splinder.com
CRISTIANO VIGNALI
@ Cristiano Vignali
Grazie del contributo che è anche una testimonianza di come Chieti sia attenta alle proprie radici storiche.
Come ho già detto in risposta a Roberto Di Monte, vorrei tornare sulla questione della promozione turisica a Chieti, sulla quale non sono molto ottimista perché non credo che sia sufficiente portare alla luce i reperti archeologici, anche se ovviamente apprezzo che questo venga fatto e non ci sia più la fretta di riseppellire tutto subito come avveniva nel periodo dei palazzinari e anche nel passato più recente.
viva viva l'amor, cantano i giganti... simpatico il longobardo che si sveglia e si trova vicino al banco di napoli, sotto le macchine, e via dicendo! :) mi hai fatto far eun tuffo nel passato, anche con la bella ricostruzione dell'ambiente medievale chietino. chissà se si salutavano per strada, all'epoca!
Grazie a te, Leone
Chieti rimane e rimarra la citta della "CAMOLILLA", purtroppo dal processo "Matteotti"
ad ora non è cambiato niente.
Chieti non ha niente da invidiare ad altre realtà come ad es, PERUGIA
Li c'è vita diurna e notturna organizzazione di eventi ecc,ecc Ai
TEATINI disturba lo "STELLARIO"
Ma steceme un po zette ca chi li chiacchiere ne ze' fa niente!!!!
E vero e mi dispiace quando nella nostra regione siamo considerati SNOB, è la verità .... siamo destinati a morire come CITTA' ve lo dice un teatino di vecchia generazione.
TEATINO DOC
Volevo rispondere agl'altri commentatori del blog: siete molto intellettuali e precisi con questo vi ammiro ma il POPOLINO vuole cultura abbinata al divertimento, cerchiamo di essere realistici .
TEATINO DOC
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