il 16 nov. presso l'Auditorium Cianfarani della Civitella l'associazione Chieti Nuova 3 febbraio ha organizzato un incontro con le autorità competenti per parlare della gestione del patrimonio archeologico di Chieti.
Il gruppo della 'Base del Centrosinistra' di Chieti è intervenuto all'incontro dibattito con un ampio quadro di proposte che riporto qui integralmente:
Molti degli operatori, istituzionali e non, sono concordi nel ritenere che gran parte del futuro di Chieti –e specie del centro storico- si giochi sul piano della cultura e del rapporto che deve essere istituito tra di essa e la capacità di attrazione turistica che la città intende esercitare. E’ altresì evidente che al centro del sistema culturale debba essere collocato il patrimonio archeologico che ha il suo cardine (anche simbolico) nella struttura della Civitella, una struttura di livello europeo che fino ad oggi –tuttavia- non è stata messa in grado di esprimere le proprie notevoli potenzialità. Le quali anzi sono state negli anni recenti sostanzialmente mortificate da un utilizzo in buona parte aberrante e snaturante (lo “Stellario” in primis), che non ha portato –come del resto era fin dall’inizio prevedibile- alcun vero e duraturo vantaggio alla città.
Oggi si fa un gran parlare, al livello istituzionale, delle modalità di gestione, delle forme più idonee attraverso le quali creare un sistema integrato che sia in grado di rilanciare il pacchetto archelogico a disposizione, di farne un vero volano culturale e polo di attrazione turistica. L’impressione è che tale attenzione generalizzata e pressoché esclusiva verso le architetture gestionali (società miste, fondazioni, ecc.) riveli un pauroso vuoto di proposte di merito, che dovrebbero invece costituire il vero oggetto di riflessione. Cosa fare della Civitella? Cosa fare dei siti archeologici? Come qualificare la città? Le forme della gestione non sono contenitori neutri, buoni per tutti gli usi: al contrario solo la chiarezza sulle scelte operative è in grado di individuare le modalità più idonee per attuarle.
E’ necessaria insomma una grande progettazione complessiva che:
1. faccia degli spazi della Civitella luoghi di grandi eventi estivi (spettacoli, musica) capaci attirare i turisti presenti sulla fascia costiera. Perché non sostituire all’asfittico e molto velleitario “maggio teatino” una grande “estate teatina”, con offerta costante di cinema all’aperto e la presentazione di un numero limitato ma altamente qualificato di eventi spettacolari?
2. preveda negli spazi della Civitella, restituiti alla cittadinanza, la presenza di una caffetteria di qualità che costituisca un polo costante di aggregazione non banale;
3. valorizzi i templi romani, e le terme inserendoli in un circuito di offerta cumulativa di visite al patrimonio archeologico, e facendo dei primi luogo di mostre limitate quantitativamente ma di rilievo qualitativo; e prospettando per le seconde la possibilità di valorizzarle con qualche evento spettacolare appropriato;
4. riqualifichi il centro storico, sia sul piano urbanistico-architettonico, sia per quanto riguarda l’arredo urbano (insegne, vetrine, ecc.), sia favorendo la riconversione di alcune attività commerciali in modo tale da creare un tessuto di “botteghe” specializzate (artigianali e non) che, per la loro specificità e unicità nel comprensorio, possano attrarre visitatori e acquirenti; sia infine puntando su una più alta qualità della vita (col risolvere problemi di viabilità, pulizia di strade e monumenti, decongestione del traffico ecc.);
5. saggi nel concreto la possibilità di rendere normalmente agibili ai visitatori –e magari fruibili per attività- parti significative del sottosuolo teatino;
6. individui strutture che, a costi limitatissimi, siano messe a disposizione di quanti (associazioni e simili) intendano svolgere attività culturali nel tessuto urbano;
7. sviluppi infine un impegno straordinario di pubblicizzazione dell’offerta culturale.
Se di questo tipo debbono essere gli obbiettivi da perseguire, le risorse finanziarie degli enti coinvolti debbono essere pressoché totalmente indirizzate in tale direzione, senza dispersioni, senza distribuzioni a pioggia, senza rincorrere acriticamente ogni offerta che provenga dall’esterno (cfr. Festivalbar dell’estate passata, e simili, che se pure –come lei ha tenuto a sottolineare- non fanno parte strettamente del capitolo spese riservato alla cultura, rappresentano tuttavia un notevole dispendio di risorse che avrebbero potuto essere devolute a fini più proficui). Investendo sulla cultura, infatti, non si investe su di uno specifico settore, ma direttamente sulle prospettive della città. E’ per questo che non è accettabile l’ipotesi di una gestione affidata ad una società mista pubblico-privato. Il privato –ovviamente e legittimamente- investe per avere ricavi; qui invece si tratta di investire per avere un futuro.
Dunque, se è utile affidare una gestione così articolata e complessa ad una società, sia essa pubblica, formata cioè dai soli enti istituzionali coinvolti nel progetto (Regione, Provincia, Comune, Sovrintendenza e –se interessata- Università, magari attraverso la sua Fondazione); si affidi ad una cooperativa di giovani creata all’uopo la gestione quotidiana e la responsabilità della manutenzione ordinaria delle strutture. I privati, eventualmente, potranno essere chiamati –secondo le loro specifiche competenze e qualificazioni- a organizzare e gestire singoli eventi. Il rapporto con il privato non può in ogni caso che essere regolato all’interno di linee guida precise e inderogabili stabilite dalla società di gestione.
Siamo davanti, con tutta evidenza, ad uno sforzo progettuale enorme, che necessita –prima di tutto- che sia abbandonata la mentalità chiusa e provinciale che ha caratterizzato negli anni le scelte culturali della Città: basta con le manifestazioni misere, con i concerti “condominiali”, con i giocolieri di paese, con l’orgia di bande e bandine, con i mercatini asfittici. Con questo non si vuol dire che non ci debbano essere intrattenimenti, sagre, momenti squisitamente ed esclusivamente ludici; si vuol dire soltanto che anche tali eventi debbono essere di qualità sostenuta. Tutto si può fare, basta saperlo fare e fare bene.
Sfortunatamente l’ottimismo della volontà che ci caratterizza non può cancellare il pessimismo della ragione, se solo poniamo mente al trenino sul Marrucino, alle casine nelle piazze, alla mistificazione delle letterine affidate ai palloncini, che costituiscono la “grande” programmazione delle prossime festività natalizie.
Oggi si fa un gran parlare, al livello istituzionale, delle modalità di gestione, delle forme più idonee attraverso le quali creare un sistema integrato che sia in grado di rilanciare il pacchetto archelogico a disposizione, di farne un vero volano culturale e polo di attrazione turistica. L’impressione è che tale attenzione generalizzata e pressoché esclusiva verso le architetture gestionali (società miste, fondazioni, ecc.) riveli un pauroso vuoto di proposte di merito, che dovrebbero invece costituire il vero oggetto di riflessione. Cosa fare della Civitella? Cosa fare dei siti archeologici? Come qualificare la città? Le forme della gestione non sono contenitori neutri, buoni per tutti gli usi: al contrario solo la chiarezza sulle scelte operative è in grado di individuare le modalità più idonee per attuarle.
E’ necessaria insomma una grande progettazione complessiva che:
1. faccia degli spazi della Civitella luoghi di grandi eventi estivi (spettacoli, musica) capaci attirare i turisti presenti sulla fascia costiera. Perché non sostituire all’asfittico e molto velleitario “maggio teatino” una grande “estate teatina”, con offerta costante di cinema all’aperto e la presentazione di un numero limitato ma altamente qualificato di eventi spettacolari?
2. preveda negli spazi della Civitella, restituiti alla cittadinanza, la presenza di una caffetteria di qualità che costituisca un polo costante di aggregazione non banale;
3. valorizzi i templi romani, e le terme inserendoli in un circuito di offerta cumulativa di visite al patrimonio archeologico, e facendo dei primi luogo di mostre limitate quantitativamente ma di rilievo qualitativo; e prospettando per le seconde la possibilità di valorizzarle con qualche evento spettacolare appropriato;
4. riqualifichi il centro storico, sia sul piano urbanistico-architettonico, sia per quanto riguarda l’arredo urbano (insegne, vetrine, ecc.), sia favorendo la riconversione di alcune attività commerciali in modo tale da creare un tessuto di “botteghe” specializzate (artigianali e non) che, per la loro specificità e unicità nel comprensorio, possano attrarre visitatori e acquirenti; sia infine puntando su una più alta qualità della vita (col risolvere problemi di viabilità, pulizia di strade e monumenti, decongestione del traffico ecc.);
5. saggi nel concreto la possibilità di rendere normalmente agibili ai visitatori –e magari fruibili per attività- parti significative del sottosuolo teatino;
6. individui strutture che, a costi limitatissimi, siano messe a disposizione di quanti (associazioni e simili) intendano svolgere attività culturali nel tessuto urbano;
7. sviluppi infine un impegno straordinario di pubblicizzazione dell’offerta culturale.
Se di questo tipo debbono essere gli obbiettivi da perseguire, le risorse finanziarie degli enti coinvolti debbono essere pressoché totalmente indirizzate in tale direzione, senza dispersioni, senza distribuzioni a pioggia, senza rincorrere acriticamente ogni offerta che provenga dall’esterno (cfr. Festivalbar dell’estate passata, e simili, che se pure –come lei ha tenuto a sottolineare- non fanno parte strettamente del capitolo spese riservato alla cultura, rappresentano tuttavia un notevole dispendio di risorse che avrebbero potuto essere devolute a fini più proficui). Investendo sulla cultura, infatti, non si investe su di uno specifico settore, ma direttamente sulle prospettive della città. E’ per questo che non è accettabile l’ipotesi di una gestione affidata ad una società mista pubblico-privato. Il privato –ovviamente e legittimamente- investe per avere ricavi; qui invece si tratta di investire per avere un futuro.
Dunque, se è utile affidare una gestione così articolata e complessa ad una società, sia essa pubblica, formata cioè dai soli enti istituzionali coinvolti nel progetto (Regione, Provincia, Comune, Sovrintendenza e –se interessata- Università, magari attraverso la sua Fondazione); si affidi ad una cooperativa di giovani creata all’uopo la gestione quotidiana e la responsabilità della manutenzione ordinaria delle strutture. I privati, eventualmente, potranno essere chiamati –secondo le loro specifiche competenze e qualificazioni- a organizzare e gestire singoli eventi. Il rapporto con il privato non può in ogni caso che essere regolato all’interno di linee guida precise e inderogabili stabilite dalla società di gestione.
Siamo davanti, con tutta evidenza, ad uno sforzo progettuale enorme, che necessita –prima di tutto- che sia abbandonata la mentalità chiusa e provinciale che ha caratterizzato negli anni le scelte culturali della Città: basta con le manifestazioni misere, con i concerti “condominiali”, con i giocolieri di paese, con l’orgia di bande e bandine, con i mercatini asfittici. Con questo non si vuol dire che non ci debbano essere intrattenimenti, sagre, momenti squisitamente ed esclusivamente ludici; si vuol dire soltanto che anche tali eventi debbono essere di qualità sostenuta. Tutto si può fare, basta saperlo fare e fare bene.
Sfortunatamente l’ottimismo della volontà che ci caratterizza non può cancellare il pessimismo della ragione, se solo poniamo mente al trenino sul Marrucino, alle casine nelle piazze, alla mistificazione delle letterine affidate ai palloncini, che costituiscono la “grande” programmazione delle prossime festività natalizie.
[post aggiornato il 25.11.2006]
1 commento:
complimenti per il bellissimo blog e per le tantissime utili idee(sperando che chi comanda,ti dia ascolto,tra la teatestravizi e le poltrone del cda del teatro(se trovano il tempo)
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