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24 aprile 2016

Tra scandali, ruberie e disastri

Domenica scorsa l'Italia è stata chiamata alle urne per il referendum sulle trivelle. In realtà si trattava solo di abrogare la norma che proroga sine die le concessioni già rilasciate ai petrolieri per estrazioni in acque territoriali. Disinteresse, disinformazione e deliberata intenzione di far fallire il referendum hanno tolto il voto alla maggioranza degli italiani.
Lo scandalo appena scoppiato in Basilicata ci aveva mostrato come e da chi prendeva gli ordini il ministro dello "sviluppo economico", ma non è stato sufficiente a risvegliare le coscienze. Le scorie tossiche delle estrazioni lucane venivano trasportate in casa nostra, a Chieti, contrada San Martino, ma pare che la cosa non interessa quasi a nessuno. Poi ci sono gli imbrogli nelle misurazioni.


Mentre le urne erano ancora aperte si è rotta una tubatura in una raffineria di petrolio nell'entroterra di Genova. Una gran quantità di greggio è finita nel torrente Polcevera.

Nessun allarme, la notizia ha avuto poco risalto, come accade regolarmente anche per gli sversamenti che ci riguardano da vicino, ma in Liguria, a distanza di una settimana, il problema non è ancora risolto. Il fiume continua a portare petrolio fino al mare. Ha ucciso pesci, rane, uccelli. Il petrolio sgorgava direttamente dalla collina. Un ambiente ricco di piante e animali è stato annientato. Il Polcevera è diventato il fiume della morte, ma nessuno s'azzarda a dire che anche questa volta, purtroppo, gli ambientalisti avevano ragione.

La legge è fatta. Gli appalti sono assegnati. I danni (gravissimi) si conoscono. E si va avanti così.

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