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18 giugno 2013

Il giornale di Giuda

Le ragioni non riesco a comprenderle, ma è evidente che il quotidiano "Il Centro" si batte da anni per la svendita dell'Abruzzo ai petrolieri. Oggi ha messo in prima pagina un fondo titolato "Se il depuratore inquina più delle trivelle".  Cosa c'entrano i problemi di un depuratore con l'estrazione di petrolio? Niente, ovviamente, ma ogni scusa è buona per fare un po' di propaganda al petrolio, per dire  che ridurre anche l'Abruzzo come la Basilicata non è problema.

L'articolo è firmato da Antonio De Frenza, lo stesso giornalista che aveva firmato anche il capolavoro di cinque anni fa, quando i tecnici dell'Eni provarono a presentare le loro ragioni, tutte miseramente smentite.

Una decina di giorni fa i signori del Centro sono riusciti a mettere in una sola pagina le lamentele per l'indotto petrolifero che potrebbe finire fuori regione; la mancanza di investimenti per la filiale ortonese di una azienda di Ravenna e altre lamentele per un'impresa di Notaresco. Inutile dire che le opinioni degli operatori nell'indotto petrolifero vengono riportate sempre senza nessuna obiezione e rasentano il ridicolo: a uno gli piange il cuore per vedere questo territorio ridotto così male (cioè senza trivelle, oleodotti e ciminiere di raffinerie), l'altro dice che ci sono troppi pregiudizi sul petrolio. I pregiudizi sul petrolio sarebbero quelli che si fondano su dati scientifici, mentre la verità da difendere è quella dei fabbricanti di tubi che non sanno come riconvertirsi ad altre attività che esistono però potrebbero richiedere tecnologie un po' avanzate e complesse.

Dicono che gli ambientalisti siano nemici del progresso, ma davanti alle reali opportunità di ricerca e di tecnologie avanzate sono i trivellatori antiambientalisti che annaspano e vanno in panico. Non ci riescono proprio a capire che l'energia si può ottenere senza distruggere e intossicare. E se proprio vogliomo continuare a trivellare, bruciare, inquinare lo si faccia senza mettere a rischio l'equilibrio del pianeta e nei luoghi dove i danni collaterali (leggasi aumento della mortalità e delle malformazioni neonatali) sarebbero ridotti. Qui si distruggerebbe anche tutta la nostra economia e le nostre prospettive di sviluppo. Quelli de Il Centro lo sanno perché qualcosa avranno pur letto, ma forse la nostra salute non vale i trenta denari.

Vi consiglio di leggere il commento sull'incontro "scientifico" organizzato dall'Università di Chieti.

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