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17 giugno 2012

L'occultamento delle ideologie

Dopo aver letto le mie critiche alla strategia politica di Luttwak qualche amico mi ha chiesto se nell'1% in cui avevo collocato il politologo americano non ci sia anche Bernanke, direttore della FED, lo speculatore George Soros o magari Warren Buffett. Lasciamo perdere Bernanke che è solo un direttore di Banca. Gli altri due sono miliardari (in proprio) e si esprimono a favore di politiche "di sinistra". Dove li mettiamo?

La domanda rimanda ad un vecchio problema: un ricco può essere di sinistra? un ricco passerà mai per la famosa cruna dell'ago?


Luttwak sarà ben pagato per le sue consulenze e i suoi libri, ma sicuramente non raggiunge la ricchezza e il potere di Soros e di Buffett. E' solo un consigliere del Re, ma non è lui il Re.

Se la lotta di classe è ancora quella tra lavoratori (dai più poveri ai meglio pagati) contro i capitalisti (che oggi non sono più i capitani d'industria ma i detentori del potere finanziario) allora Soros e Buffett sono i nostri nemici, Luttwak può essere solo un gregario. E se le cose stanno così la critica va fatta ai bei discorsi dei due miliardari senza stupirsi troppo che in qualche cosa Luttwak possa anche trovarsi dalla parte del "popolo".

Posta così la questione non mi interessa molto. La politica è fatta di idee e le idee si possono strutturare nei sistemi ideologici; il confronto riguarda idee e ideologie, non le persone che casualmente si trovano ad esprimerle o a difenderle. La mia critica a Luttwak non voleva essere una critica alla persona (che sa esprimersi in modo efficace e simpatico anche quando dice cose terribili) ma alle sue idee che in questo momento riflettono quelle di molti e si propagano confusamente.

Il mio timore è che la critica alle singole scelte economiche e politiche del governo Monti (ma lo stesso forse potrebbe dirsi per chi critica la BCE, la Commissione Europea o il FMI) possa essere sviata e utilizzata per rinforzare le politiche liberiste a cui lo stesso Monti si ispira. Sulla critica ad una politica troppo forte con i deboli e troppo debole con i forti sono pienamente d'accordo anch'io. Se però quella critica procede dicendo che Monti dovrebbe seguire l'esempio di Cameron (un premier che è ancora più liberista) mi sento gettato dalla padella alla brace.

Soros e Buffett, nonostante le loro spropositate ricchezze, si esprimono spesso a favore di politiche riequilibratrici. Buffett ha chiesto un sistema di tassazione almeno proporzionale dimostrando che quello attuale (negli USA, ma anche in Italia) colpisce al contrario. Soros chiede l'introduzione di barriere nei mercati finanziari per evitare che le normali fluttuazioni di alcuni settori non si diffondano generando turbolenze catastrofiche sull'economia di interi continenti. Mi sembrano idee giuste che ben si collocano in una visione liberale, ma non liberista.

Possiamo chiederci quale convenienza abbiano i miliardari a sostenere idee che non favoriscono l'ulteriore arricchimento dei ricchi, ma questo riguarda le motivazioni personali che non conosco e non mi interessano. Le idee mi sembrano buone. Inoltre non ho mai pensato che il pensiero delle persone sia sempre orientato da qualche interesse economico (che ogni forma culturale sia sovrastruttura dell'economia è un concetto marxista che non ho mai condiviso). La storia ci offre molti esempi di visioni politiche non condizionate dalla collocazione economica e sociale della persona (penso ai Gracchi, a Federico II°, ai nobili che presero parte alle vicende del risorgimento italiano fino ai fratelli Kennedy).

Oggi per evitare confusioni e facili trucchi a me sembra necessario aprire grandi discussioni in modo che tutti possano vedere bene la differenza tra le proposte di tipo liberale e quelle di tipo liberista. La linea di demarcazione non è facile da cogliere neanche per gli esperti. Non è solo la somiglianza delle parole a creare confusione. Anche grandi maestri come Luigi Einaudi ritenevano che c'è uno stretto legame tra stato liberale ed economia liberista, quasi un reciproco sostegno. Oggi invece vediamo una contrapposizione. Per contrastare certe scelte liberiste non ci si appella ai socialisti, ma si evocano le idee di Keynes, di Roosevelt e dello stesso Einaudi; le politiche liberiste ispirate alla scuola di Milton Friedman stanno distruggendo i principi delle democrazie liberali.

Ragionare sul confine di queste ideologie è difficile perché i termini si confondono; perché ci sono alcuni principi comuni; perché il dibattito a livello popolare si svolge ancora sulla contrapposizione tra destra e sinistra. Assolutamente fuorviante se la sinistra, dopo aver accolto i principi della democrazia liberale, può accogliere anche le strategie liberiste nell'illusione che la libera concorrenza aperta anche alla competizione selvaggia produce equilibrio economico e sociale; questa sinistra non dice niente di diverso dalla destra poco liberale e molto liberista. Qualcuno è arrivato a parlare di morte delle ideologie e di politica ridotta ad una differenza di facce e distintivi. Non è così, le ideologie sono ancora il motore delle scelte. Bisogna saperle riconoscere e riportarle al centro della discussione sulle scelte da fare.

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