La sinistra sinistra italiana si è suicidata lentamente. Il suo disfacimento ora consente di vincere le elezioni con meno del 25% dell'elettorato.
Nel blog non ho mai voluto affrontare questioni attinenti alla competizione tra partiti. Lo faccio qui riproponendo un simpatico racconto di Diego Bianchi (Zoro).
Nel blog non ho mai voluto affrontare questioni attinenti alla competizione tra partiti. Lo faccio qui riproponendo un simpatico racconto di Diego Bianchi (Zoro).
Io preferisco la politica vera, quella che guarda senza paraocchi ai problemi della collettività e cerca le soluzioni. Però qualche considerazione sul Partito Democratico l'avevo fatta nel periodo in cui se ne annunciava la nascita (una nascita macchinosa, opaca, telecomandata che non mi era piaciuta) e voglio tornarci ora che certi nodi vengono al pettine: la formula ideata dai sognatori di banche ad imitazione dei peggiori esempi di management strategico, mostra tutta l'inadeguatezza. Ora noi che non siamo esperti di strategie politiche e che vedemmo subito quella inadeguatezza dobbiamo salutare con tristezza l'uscita di scena di Walter Veltroni e di Renato Soru. La stessa tristezza con cui abbiamo assistito anche all'uscita del prof. Prodi, uomo competente ed equilibrato che ci ha portato nell'euro (impresa che era ritenuta impossibile) dandoci anni di cambio vantaggioso e grande potere d'acquisto sui mercati esteri, l'unico italiano chiamato alla guida dell'Europa, ricattato e poi scaricato da un politicante di paese alle prese con i guai giudiziari di famiglia. Che pena.
Mentre l'America affida le proprie speranze a Barack Obama, l'Italia scarica uno dopo l'altro quelli che potrebbero proporre una politica equilibrata, assennata ed innovativa. Veltroni era stato il primo a riconoscere nel programma di Obama il suo stesso orizzonte di ideali, ma penso soprattutto a Renato Soru, l'inventore di Tiscali, la prima impresa che offrì agli italiani la connessione gratuita ad Internet, l'idea che ha fatto diffondere la rete nel nostro sistema altrimenti strangolato dai monopoli.
Come governatore della Sardegna Soru aveva investito 40 milioni di euro sulle scuole; aveva proposto limiti severi alle speculazioni edilizie e alla deturpazione del territorio, aveva istituito l'assegno di merito per gli studenti più meritevoli in modo che potessero affrontare l'università senza pesare sul bilancio familiare. Il programma di Soru era fatto di investimenti sull'intelligenza, scommettendo sulla creatività, senza dimenticare la salvaguardia e valorizzazione dell'ambiente, delle produzioni tradizionali e culturali. L'idea di un'Italia che ritrova il proprio genio e la propria bellezza, contro quella di sfruttare e svendere tutto subito. Soru è stato sconfitto dal solito Mangiafuoco con la sua corte di lucignoli e il teatrino luccicante di balocchi, false promesse di abbondanti elargizioni in Sardegna come aveva già fatto nei suoi tour abruzzesi. I lucignoli fanno festa e non vogliono neanche sapere se esistono davvero quei soldi e da dove vengono.
All'Italia non mancano le risorse umane che potrebbero farci risalire la china, ma non sappiamo riconoscerle. I lucignoli della libertà fanno pernacchie ai premi nobel e quel Partito Democratico, nato male e male attrezzato, continua a perdere pezzi lungo la strada e non riesce a guardarsi intorno.
Mentre l'America affida le proprie speranze a Barack Obama, l'Italia scarica uno dopo l'altro quelli che potrebbero proporre una politica equilibrata, assennata ed innovativa. Veltroni era stato il primo a riconoscere nel programma di Obama il suo stesso orizzonte di ideali, ma penso soprattutto a Renato Soru, l'inventore di Tiscali, la prima impresa che offrì agli italiani la connessione gratuita ad Internet, l'idea che ha fatto diffondere la rete nel nostro sistema altrimenti strangolato dai monopoli.
Come governatore della Sardegna Soru aveva investito 40 milioni di euro sulle scuole; aveva proposto limiti severi alle speculazioni edilizie e alla deturpazione del territorio, aveva istituito l'assegno di merito per gli studenti più meritevoli in modo che potessero affrontare l'università senza pesare sul bilancio familiare. Il programma di Soru era fatto di investimenti sull'intelligenza, scommettendo sulla creatività, senza dimenticare la salvaguardia e valorizzazione dell'ambiente, delle produzioni tradizionali e culturali. L'idea di un'Italia che ritrova il proprio genio e la propria bellezza, contro quella di sfruttare e svendere tutto subito. Soru è stato sconfitto dal solito Mangiafuoco con la sua corte di lucignoli e il teatrino luccicante di balocchi, false promesse di abbondanti elargizioni in Sardegna come aveva già fatto nei suoi tour abruzzesi. I lucignoli fanno festa e non vogliono neanche sapere se esistono davvero quei soldi e da dove vengono.
All'Italia non mancano le risorse umane che potrebbero farci risalire la china, ma non sappiamo riconoscerle. I lucignoli della libertà fanno pernacchie ai premi nobel e quel Partito Democratico, nato male e male attrezzato, continua a perdere pezzi lungo la strada e non riesce a guardarsi intorno.
Ci sarebbe da lavorare, da chiamare a raccolta i migliori cervelli, ma nessuno si muove, la gente si guarda intorno in cerca di un nuovo leader. Molti sembrano convinti che ce ne vorrebbe uno carismatico, determinato, possibilmente giovane, meglio se bello, magari un po' trend... Ecco, se proprio non vogliamo chiamare direttamente lo stratega della Telecom, il Napoletone vincente di Waterloo, possiamo trovarne uno tra le giovani promesse della direzione regionale abruzzese: ha appena scritto la ricetta per la rigenerazione del PD. Udite, udite:
1) per costringere cattolici ed ex comunisti a stare insieme la parola d'ordine è "ripudio", nel senso che gli uni e gli altri dovranno ripudiare il proprio passato, rinnegarsi, cancellare le tradizioni (buttare anche il bambino con l'acqua sporca?);
2) non un partito di centro che guarda a sinistra, né un partito di sinistra in senso tradizionale, ma si resta sospesi per aria ad annunciare il riformismo del nuovo secolo, il sole dell'avvenire;
3) trovare una dimensione globale in un patto federativo col PSE e con le varie internazionali socialiste per riformarle (i laburisti di tutto il mondo non aspettano altro che farsi riformare dai pasticcioni italiani);
4) né contro né a favore di nessun sindacato e nemmeno in posizione neutrale poiché il partito che si erge a giudice supremo delle rivendicazioni dei lavoratori riconducendoli ad una pacificazione coatta con le altre categorie sociali (questa idea mi ricorda qualcosa, ma preferisco non ricordarmi bene cosa);
5) conferire al partito una identità profondamente cristiana, ma anche laica che rinuncia ad ogni velleità agnostica per essere coerente col Concilio Vaticano II e per poter dire al Papa che non ci piace quando fa il reazionario.
Di fronte a questo programma così nuovo, incisivo ed avvincente nel quale gli italiani (come dubitarne?) riconosceranno subito i riferimenti alla green-economy di Obama, le sezioni del PD si riempiranno di folle entusiaste pronte ad offrire la propria collaborazione. Ecco, spedisco subito la formula della rigenerazione democratica al povero Diego Bianchi così capisce qual è la nuova linea (molto avvitata) da seguire e gli passa la malinconia, o no?
Più assennate mi sembrano le considerazioni di un anziano del PD che annota nel suo blog la mai iniziata battaglia culturale promessa da Veltroni ed esprime apprezzamento per il nuovo segretario nazionale nel quale vede una "volontà di radicare il PD nel territorio, costruendo un partito di militanti e circoli in ogni parte del Paese, dando loro un ruolo reale nella vita e nelle scelte del partito". Staremo a vedere se questo eterno proposito si tradurrà in fatti. Sicuramente non basta l'intento di un segretario, dovrà accadere qualcosa che possa portare molti quadri di quel partito (a prescindere dalla loro età anagrafica e dall'anzianità di tessera) a fare le valigie. Sarà difficile, molti purtroppo parlano di meritocrazia da applicare solo agli altri.
1) per costringere cattolici ed ex comunisti a stare insieme la parola d'ordine è "ripudio", nel senso che gli uni e gli altri dovranno ripudiare il proprio passato, rinnegarsi, cancellare le tradizioni (buttare anche il bambino con l'acqua sporca?);
2) non un partito di centro che guarda a sinistra, né un partito di sinistra in senso tradizionale, ma si resta sospesi per aria ad annunciare il riformismo del nuovo secolo, il sole dell'avvenire;
3) trovare una dimensione globale in un patto federativo col PSE e con le varie internazionali socialiste per riformarle (i laburisti di tutto il mondo non aspettano altro che farsi riformare dai pasticcioni italiani);
4) né contro né a favore di nessun sindacato e nemmeno in posizione neutrale poiché il partito che si erge a giudice supremo delle rivendicazioni dei lavoratori riconducendoli ad una pacificazione coatta con le altre categorie sociali (questa idea mi ricorda qualcosa, ma preferisco non ricordarmi bene cosa);
5) conferire al partito una identità profondamente cristiana, ma anche laica che rinuncia ad ogni velleità agnostica per essere coerente col Concilio Vaticano II e per poter dire al Papa che non ci piace quando fa il reazionario.
Di fronte a questo programma così nuovo, incisivo ed avvincente nel quale gli italiani (come dubitarne?) riconosceranno subito i riferimenti alla green-economy di Obama, le sezioni del PD si riempiranno di folle entusiaste pronte ad offrire la propria collaborazione. Ecco, spedisco subito la formula della rigenerazione democratica al povero Diego Bianchi così capisce qual è la nuova linea (molto avvitata) da seguire e gli passa la malinconia, o no?
Più assennate mi sembrano le considerazioni di un anziano del PD che annota nel suo blog la mai iniziata battaglia culturale promessa da Veltroni ed esprime apprezzamento per il nuovo segretario nazionale nel quale vede una "volontà di radicare il PD nel territorio, costruendo un partito di militanti e circoli in ogni parte del Paese, dando loro un ruolo reale nella vita e nelle scelte del partito". Staremo a vedere se questo eterno proposito si tradurrà in fatti. Sicuramente non basta l'intento di un segretario, dovrà accadere qualcosa che possa portare molti quadri di quel partito (a prescindere dalla loro età anagrafica e dall'anzianità di tessera) a fare le valigie. Sarà difficile, molti purtroppo parlano di meritocrazia da applicare solo agli altri.
11 commenti:
@ Tom
Leggendo le proposte di una delle giovani promesse del PD abruzzese, ho creduto che si trattasse di uno scherzo per provocare una bella risata e far risalire il morale dopo le tragiche dimissioni veltroniane.
Se son vere, quelle sono proposte da fine Ottocento!
Dopo la caduta del Muro di Berlino, il PCI avrebbe dovuto riformarsi radicalemente per diventare un partito socialdemocratico di stampo nordeuropeo. Ciò significa che contrariamente al PD odierno avrebbe lasciato fuori la conponente cattolica. Credo che per la sinistra, sarebbe stato preferibile avere un forte partito cattolico riformato con cui collaborare per far fronte al qualunquismo e all'affarismo berlusconiani. Uno degli ostacoli maggiori alla formazione di tale partito, secondo me, fu l'attaccamento all'ideologia comunista proprio da parte dei leader più carismatici del PCI dell'epoca (Cossutta, Bertinotti ecc.).
Un errore più recente è quello di aver voluto scimmiottare a tutti i costi i democratici americani...
Una buona domenica a tutti
erri
Caro Proposte, e caro Enrico, purtroppo di ridicolo c'è solo il vostro provincialismo. Tanto per cercare di allargare un po' le vostre vedute, vi do alcuni elementi di conoscenza del dibattito politico nazionale ed internazionale che spero possano alleviare la vostra condizione di ignoranza grave, perchè non è l'ignoranza di chi sa di non sapere, ma di chi non è nemmeno cosciente della propria ignoranza.
1. Il superamento delle tradizioni politiche di provenienza è inscritto nel progetto stesso del PD. Se così non fosse, non avrebbe avuto senso costituire un partito nuovo, ma sarebbe stato sufficiente restare DS e Margherita distinti. I DS avrebbero continuato a lavorare per diventare un grande partito socialdemocratico dopo un decennio di tentativi non riusciti, e il PD non sarebbe mai nato. Allo stesso modo si è visto come ha scritto Scafari di recente che trovare continuamente un un punto di mediazione tra culture diverse è una fatica che non porta frutto. L'unica alternativa praticabile al fallimento del PD è che esso si dia un'identità nuova. Il dibattito dentro il PD oggi è proprio questo. Se contiuare ad essere la somma e l'incontro di approcci diversi, oppure dare vita ad una nuova identità
2. Questa identità non può che essere data dall'elaborazione di un nuovo riformismo. Non è un tema astratto. E' una ricerca avviata da tempo, che ha dato vita anche a significative esperienze di governo. Oggi non c'è dubbio che a fare scuola sarà il riformismo obamiano, non riconducibile nè alla tradizione socialdemocratica nè a quella liberal americana classica. E' un riformismo che fa i conti con le sfide inedita della globalizzazione e del nuovo secolo (surriscaldamento del pianeta, crisi energetica, sicurezza globale, ecc.). Nel contempo, vediamo che in Europa il riformismo socialdemocratico incapace di innovarsi arranca e perde posizioni e consensi. E' quindi la realtà politica che ci impone oggi di unire i riformismi in una nuova identità, a partire da temi concreti (rivoluzione ecologica, crisi economica, ecc.).
3. Del nuovo riformismo (vedi Obama, ma ancora prima Blair) fa parte l'assunzione della sfida etica e religiosa. Essere cristiani e laici non è un'incongruità, è la condizione esatta della magioranza degli italiani e degli europei. Essere cristiani e laici non vuol dire obbedienza acritica verso la Chiesa, non vuol dire escludere ma anzi riconoscere piena cittadinanza e pari dignità alle altre identità religiose e ai non credenti. Vuol dire semplicemente accolgliere la sfida della domanda di senso che c'è oggi nella società, sfidare la destra sul terreno etico ( e non è con l'afasia sulla dimensione etico-religiosa che vinciamo la sfida per l'egemonia culturale nel Paese), vuol dire essere coerente cristiani senza rinunciare alla propria autonomia di giudizio come lo è Ignazio Marino o tanti altri. Naturalemente, massimo rispetto per chi non è credente (del resto, personalmente passo ogni giorno a interrogarmi sulla fede e non ho certezze), ma anche chi non è credente deve contribuire all'elaborazione di un'etica condivisa e alla ricerca di una verità mai assoluta. Quale può essere il contributo della dimensione religiosa all'elaborazione di un patriottismo democratico moderno è argomento ampiamente dibattuto nella letteratura filosofica e politica mondiale (un nome per tutti Habermas, massimo filosofo contemporaneo vivente).
Ora definire il PD come partito cristiano e laico era certamente una forzatura provocatoria, ma del resto ricordo che già un grande filosofo laico come Croce diceva. Non possiamo non dirci cristiani.
Per ciò che riguarda ciò che scrive l'anziano blogger da te citato, lo sottoscrivo, e quindi non vi è alcuna diversità o contrapposizione sul punto della necessità di un partito radicato e organizzato nella società.
Chedo scusa per il tono, ma sono abituato a difendermi soprattutto quando vedo la deliberata intenzione di offendere senza conoscere. Per il futuro disponibile ad un confronto civile.
Andrea
Benvenuto Andrea!
il bello della politica è che ci sono opinioni diverse, non c'è solo il giusto e lo sbagliato, non tutto si divide tra quelli che sanno e quelli che non sanno.
Io ho espresso la mia opinione dal mio punto di vista di liberal-democratico, un punto di vista che sul piano teorico dovrebbe essere molto vicino al Partito Democratico tanto che potrei essere considerato un potenziale sostenitore del partito (così infatti mi vedono alcuni lettori di questo blog nonostante le mie smentite). In realtà le mie opinioni sono piuttosto lontane da quelle dell'attuale gruppo dirigente del PD. Il tuo intervento conferma questa distanza.
Oltre al saluto riconoscente verso importanti esponenti del PD, nel post ho voluto esprimere il mio stupore e la mia disapprovazione per il perseverare nelle analisi e nelle soluzioni che sono sì la matrice genetica del PD, ma sono anche causa dell'insuccesso (passare dal 33% al 20% è già terribile, ma calcolando anche la fuga verso l'astensionismo si va oltre il dimezzamento in pochi anni). So bene che la perdita di voti non corrisponde necessariamente ad una politica sbagliata: qualche volta sono anche gli elettori che sbagliano. Quindi non posso usare questo argomento a mio favore e non mi permetto di trattare gli altri come provincialotti ignoranti. Per una buona politica ci vuole anche capacità di confronto tra le diverse opinioni.
Sono convinto che la mia, oltre che essere legittima, non sia un'opinione bizarra. C'è uno stupore generale (ben rappresentato dai video di Diego Bianchi) nel vedere che nemmeno le recenti batoste elettorali, che ora espongono la nazione intera ad un rischio gravissimo di regresso socio-culturale, riescano ad indurre il PD ad una riapertura di dialogo con noi "ignoranti". Anche su questo il tuo intervento è una conferma di tale atteggiamento, perché al di là delle nostre diverse opinioni, la tua disponibilità al confronto (della quale ti ringrazio) viene comunque dopo aver tacciato Enrico e me di provincialismo, ignoranza grave e ristrettezza di vedute. Con queste premesse non so se i confronti potranno essere costruttivi, come invece le circostanze richiedono.
Comunque non voglio fare l'offeso: non lo sono, perché mi rendo conto d'aver espresso la mia opinione con un'ironia un po' provocatoria che non tutti riescono ad accettare (ed è questo il motivo per cui non ho citato nomi - il confronto va fatto sulle idee, non deve mai diventare scontro personale, a questa regola ci tengo). Sono invece molto lieto del tuo intervento perché credo che sia la prima volta che questo blog ha l'onore di ospitare un intervento autenticamente "politico". Tra l'essere completamente snobbato (com'è stato finora) e l'essere accusato di ignoranza e di provincialismo, preferisco la seconda perché è comunque un punto di partenza. Spero perciò di poter ospitare ancora tuoi interventi che saranno sicuramente utili ad ampliare la sfera tematica di questo blog e, chissà, forse si potrà inaugurare una nuova fase della blogosfera teatina, finora rigidamente divisa tra i blog politicamente D.O.C. e quelli plebei gestiti da comuni mortali elettori come il sottoscritto.
"Tanto per cercare di allargare un pò le vostre vedute.." Ma che tristezza!!! Non ci sperare Tom, questi sono i giovani rampolli allevati nelle stanze del partito: continuano a credere di essere depositari della Verità e tacciare tutti gli altri di ignoranza e provincialismo. Di default privi di ogni minima ironia, pensano di avere l'esclusiva del pensiero politico, si innervosiscono alle critiche, non sono portati al dialogo per indole, sciorinano citazioni colte come fanno i pavoni mostrando la coda, narcisisti per natura e grandi onanisti di fatto sono votati al suicidio politico come i Lemmings. Sono votati all'estinzione, anzi non ci sono più ma non lo sanno ancora.
Caro Tom, rassegnati: tu hai "vedute strette": iscriviti a un bel corso serale di "larghe vedute" e di "confronto civile" dalla nuova generazione del PD.
Magari questo blog sovversivo ne avrebbe un gran beneficio.
carlo
@Tom
La crisi della sinistra è iniziata, secondo me, con quel tragico colpo di mano "Bertinotti - D'Alema" che provocò la caduta del primo governo Prodi. A far fuori Prodi ci avevan pensato l'arrivismo dell'allora segretario PDS e il narcisismo ideologico di Bertinotti, per la gioia dei Berlusconi grandi e piccini.
Il secondo Governo Prodi è fallito per l'incapacità da parte dei partiti della coalizione di rispettare quel 2minimo comun denominatore" politico che avvrebbe permesso a Prodi di rimanere al governo e avrebbe tenuto lontano Berlusconi dalle leve del potere
per 5 anni , privilegiando in ciò il proprio particolarismo partitico agli interessi del paese.
Eccoti un commento disperato trovato su un altro forum:
"La volontà non sovrana del popolo democratico
Cari italians,
Abbiamo votato e fatto vincere Prodi, perché attuasse il suo programma governando per 5 anni.
E la sua coalizione l'ha fatto cadere. Abbiamo votato e fatto vincere Prodi un'altra volta, perché di nuovo attuasse il suo programma governando per 5 anni. E la sua coalizione lo ha fatto di nuovo cadere.
In 3 milioni e mezzo abbiamo votato e fatto vincere Veltroni con il 75% dei voti, perché costruisse il nuovo partito, così come lui ce lo aveva disegnato. E i membri del partito lo hanno fatto cadere. Mi chiedo - e me lo chiedo sinceramente - noi, popolo democratico, cosa altro possiamo fare?"
http://www.corriere.it/solferino/severgnini/09-02-23/11.spm
@ Andrea
Hai ragione tu: sono ignorante! La mia sapienza riguardo agli affari interni del PCI-PDS -DS - PD, si è fermata il 7 giugno 1984. Da quel giorno, infatti, alla segreteria del partito si sono susseguite delle mezze calzette fino ad arrivare al (penultimo)inseguitore di chimere americane.
L'unica cosa che so di Obama è che farà gli interessi degli USA: America first! Essi spesso non combaceranno con gli interessi europei o italiani.
Lo ammiro per aver detto agli americani che era ora di rimboccarsi ridando loro fiducia. Obama è prima di tutto un "patriota" americano. L'essere cittadino americano viene prima del colore della pelle o del credo religioso o del partito politico. E`questo l'insegnamento che i politici di sinistra dovrebbero trarre dall'elezione di Barack Obama.
Andrea, le sfide della globalizzazione non sono i problemi primari dell'Italia. Da riformare non è il PD bensì: i codici civili e penali, la pubblica amministrazione ecc. C'è da lottare contro la disoccupazione, la malavita organizzata e recuperare quelle regioni dove lo Stato è assente da decenni... Ma sto facendo la scoperta dell'acqua calda!
Ciao
erri
Complimenti a Erri per l'attenta analisi: finalmente in dieci righe si sintetizza tutto l'accaduto senza fronzoli e citazioni crociane. Pane al pane. Bravo! Ci fosse gente come te in politica non ci troveremmo in questa situazione disperata, dove si sta spianando la strada a PierUgo Chavez.
ciao
carlo
@ Carlo
grazie per la fiducia. Essendo nato nello stesso giorno di due figuri tristemente famosi, rispondenti ai nomi di napoleone e adolfo, sarebbe meglio per me - ma soprattutto per il paese - rinunciare ad ogni velleità di potere. Vero Tom? ;-D
Provincialotti ridicoli. Questa è buona, Andrea definisce così coloro che la pensano in modo differente dal suo. Andrea si esprime da vero uomo di partito, il linguaggio è quello di chi è in politica da tanto tempo e non ha capito che batosta dopo batosta è quel modo di esprimersi che non va più giù alla gente. Sembra di sentir parlare un ex ..... vicesindaco. Forse mi sbaglio, mah! Comunque se sinistra radicale e riformista stanno politicamente scomparendo scissione dopo scissione, l'altra sinistra (o dovrei dire centrosinistra o addirittura centro o ancora .... boh?), il PD, grazie alle proprie scellerate scelte politiche, si sta disgregando molto velocemente perdendo elettorato tornata dopo tornata. E' inutile parlare di progetto del PD, il PD non ha un progetto se non quello di tenere sempre la stessa gente sulle stesse poltrone. Se non fosse così, sarebbero tanti quelli che dovevano dimettersi oltre Veltroni; dopo la debacle delle regionali, nel PD abruzzese sono tutti ai loro posti, nessuno ha fatto un passo indietro. Veltroni sta pagando per la mancanza di lungimiranza di tutti quei politicanti di bassissimo livello che sono ai vertici del Partito. Insomma, quando si perde una guerra i generali ed i ministri vengono sostituiti, nel PD si perdono più guerre consecutivamente ma nessuno va via. La gente ne ha le tasche piene, caro Andrea, fate largo a chi ha ancora cartucce da sparare, voi le avete già esplose tutte a vuoto mettendo anche in difficoltà l'elettorato di centrosinistra che non sa più a che santo rivolgersi tanto è consapevole di aver sbagliato grossolanamente votando voi. Il centrosinistra perderà (purtroppo ormai non credo possa andare diversamente) anche Chieti grazie al PD (ex PCI-PDS-DS e ex DC, tutti i componenti sono ex di qualcosa), tutti resteranno anche ancora una volta ognuno al proprio posto?
@ Carlo, Enrico e Roberto
Che ci sia un grave limite nella capacità di confrontarsi con gli elettori è di tutta evidenza (da lì viene l'ironico accostamento col manager che pretende di insegnare ai suoi ignoranti sottoposti la strategia con cui Napoletone "ha vinto" a Waterloo). La risposta di Andrea in un certo senso ce lo conferma, ma va apprezzato perché è venuto a dircelo. Certo, non si è posto come uno che voglia discutere alla pari con gli altri, però non insisterei su questo tasto. Una risposta c'è stata, una disponibilità ce l'ha data. La modestia è una virtù piuttosto rara, io non ne dispongo, e non mi sembra il caso di pretenderla. Davvero credo che sia più importante aver rotto un barriera comunicativa e vorrei che il dialogo non finisse qui.
Se gli esponenti politici (parlo di quelli di sinistra che si appellano continuamente al dialogo e alla partecipazione dei cittadini - la destra non ha questi problemi) hanno questo limite, credo che sia giusto da parte nostra fare qualche sforzo, perché i muri e le divisioni davvero non convengono a nessuno. Aspettare che il PD arrivi al suo totale azzeramento, nonostante la velocità con cui lo sta facendo, può essere troppo pericoloso per il nostro sistema.
So che è difficilissimo questo dialogo. So che a toccare i nervi scoperti della politica si rischia di scivolare verso polemiche da bar. Perciò lascerei perdere Obama e Chavez, ma lascerei perdere anche le complesse questioni quasi filosofiche sulla laicità e sulle radici culturali delle varie forze politiche. Una discussione costruttiva ha bisogno di essere ben canalizzata. Quindi provo a riportare il discorso al punto focale, che anche l'intervento di Enrico ha toccato: dobbiamo parlare di come deve riposizionarsi il PD, dei suoi slogan, delle sue alchimie interne, oppure dobbiamo guardare la realtà italiana con le sue gravissime emergenze sociali ed economiche per trovare qualche soluzione percorribile?
Questo è il problema implicitamente posto nel mio articolo che, per gran parte, sembrava solo un elogio di Prodi, Soru e veltroni. La mia impressione (ma qui vorrei che Andrea ci dicesse qualcosa) è che i rappresentanti del PD non riescanoproprio a vederlo questo problema: mentre l'Italia è devastata da mille sciagure sembra che dentro il PD si discute ancora del centro-sinistra con o senza trattino.
La risposta di Andrea, al di là del tono, riguardava questioni di trattino sulla quali non voglio entrare. Non per mancanza di strumenti culturali, come lui afferma, ma per semplice scelta.
Io invece vorrei chiedergli se davvero egli ritiene che trovando la definizione più equilibrata tra laico, agnostico e cristiano oppure una formula che possa abbracciare insieme gli umori dei cattolici e degli ex comunisti abbia risolto qualche problema del nostro paese.
solo per segnalarvi questo:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-caso-marino-e-lo-sfascio-del-pd/
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