Sul Petrolchimico di Ortona la regione ha detto STOP. Uno stop temporaneo, fino a fine anno, uno stop che qualcuno ritiene ambiguo e pasticciato, ma con questa politica tutto ormai è molto pasticciato. Adesso aspettiamo la pronuncia del TAR.
C'è il rischio che tutto sia messo in sonno, aspettando solo un abbassamento della soglia di attenzione per tornare poi alle autorizzazioni concesse sottobanco nelle stanze chiuse dei palazzi. Ma c'è anche un altro rischio, quello del tecnicismo.
Una legge regionale che rimanda tutto alla VIS (Valutazione di Impatto Sanitario) è il segno di un Consiglio Regionale che ha abdicato alla propria funzione decisionale in favore di soluzioni tecniche.
In realtà sappiamo benissimo che soluzioni tecniche non esistono: la tecnica dovrà solo prestare il proprio linguaggio criptico a decisioni che saranno prese senza alcuna trasparenza politica. Le soglie di tolleranza si alzano e si abbassano, le statistiche si addomesticano, come quelle dei sondaggi elettorali. Nessuna Valutazione di Impatto Ambientale ha finora scongiurato le sciagure causate da molti insediamenti industriali e sarebbe troppo ingenuo sperare che questa nuova V.I.S. possa valere più di una solita V.I.A.
Troppo facile dimostrare sulle carte che un impianto è a norma di legge quando poi, all'atto pratico, le grandi imprese agiscono nel modo criminale che abbiamo visto a Bussi, a Piano d'Orta e oggi anche al cementificio di Pescara. Senza considerare che alla cinica elusione delle regole di sicurezza spesso si aggiungono anche i convenienti servizi delle organizzazioni camorriste.
Come principio non si può dare fiducia all'oste. Nel nostro caso l'oste ha già le dispense piene di scheletri e cassetti pieni di soldi e questo fa sospettare anche della genuinità di quello che potranno 'certificare' i tecnici.
Su queste vicende, che mettono in discussione il futuro dell'intero Abruzzo, ci vogliono decisioni politiche, che vanno prese nella massima trasparenza. Se il Consiglio Regionale non se la sente farà bene ad abdicare, ma dovrà farlo in favore dei cittadini e dovrà garantire loro la più ampia e corretta informazione possibile. Il contrario di quello che che è avvenuto finora.
C'è il rischio che tutto sia messo in sonno, aspettando solo un abbassamento della soglia di attenzione per tornare poi alle autorizzazioni concesse sottobanco nelle stanze chiuse dei palazzi. Ma c'è anche un altro rischio, quello del tecnicismo.
Una legge regionale che rimanda tutto alla VIS (Valutazione di Impatto Sanitario) è il segno di un Consiglio Regionale che ha abdicato alla propria funzione decisionale in favore di soluzioni tecniche.
In realtà sappiamo benissimo che soluzioni tecniche non esistono: la tecnica dovrà solo prestare il proprio linguaggio criptico a decisioni che saranno prese senza alcuna trasparenza politica. Le soglie di tolleranza si alzano e si abbassano, le statistiche si addomesticano, come quelle dei sondaggi elettorali. Nessuna Valutazione di Impatto Ambientale ha finora scongiurato le sciagure causate da molti insediamenti industriali e sarebbe troppo ingenuo sperare che questa nuova V.I.S. possa valere più di una solita V.I.A.
Troppo facile dimostrare sulle carte che un impianto è a norma di legge quando poi, all'atto pratico, le grandi imprese agiscono nel modo criminale che abbiamo visto a Bussi, a Piano d'Orta e oggi anche al cementificio di Pescara. Senza considerare che alla cinica elusione delle regole di sicurezza spesso si aggiungono anche i convenienti servizi delle organizzazioni camorriste.
Come principio non si può dare fiducia all'oste. Nel nostro caso l'oste ha già le dispense piene di scheletri e cassetti pieni di soldi e questo fa sospettare anche della genuinità di quello che potranno 'certificare' i tecnici.
Su queste vicende, che mettono in discussione il futuro dell'intero Abruzzo, ci vogliono decisioni politiche, che vanno prese nella massima trasparenza. Se il Consiglio Regionale non se la sente farà bene ad abdicare, ma dovrà farlo in favore dei cittadini e dovrà garantire loro la più ampia e corretta informazione possibile. Il contrario di quello che che è avvenuto finora.
[l'immagine realizzata dalla onlus Fare Verde è tratta dal blog della prof.ssa D'Orsogna]
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5 commenti:
Cresce, in ognuno di noi, la consapevolezza di un nuovo risparmio energetico. I consumatori e le imprese stanno prendendo coscienza del fatto che il pianeta non sia un pozzo senza fondo, per cui prima o poi dovremo seriamente affrontare la questione di come produrre energia senza carbone, petrolio, gas naturale. Le fonti di energia rinnovabile necessitano di affinamento e maturazione, nel frattempo occorre sostenerne l'affermarsi e limitare il consumo di energia prodotta con fonti non rinnovabili per rallentarne l'esaurimento. Sempre più consumatori sono attenti all'ambiente in cui vivono e tendono a prendere posizione per tutelarlo. Peccato che questo i cittadini l'hanno capito e sono pronti e compatti a protestare se qualcuno ( di solito la classe dirigente che ha interessi diametralmente opposti, fare soldi per se e per il proprio partito come ai tempi di tangentopoli )tanta di svendere la regione più verde d'Europa a una società che dovrebbe, trivellando, procacciarsi il petrolio e quel che più rattrista che vorrebbe raffinarlo ( eliminare lo zolfo per distillazione ) in loco, con grave nocumento dell'ambiente circostante.
ieri sera nel programma Annozero c'è stato un servizio sulla Val d'Agri dove hanno costruito un impianto simile a quello che ora vogliono fare qui. Una situazione desolante. Gli agricoltori sono diventati operai con contratti temporanei. Trivellazioni che creano esplosioni simili a terremoti. Si vedevano le crepe nei muri. Clientelismo politico aumentato per i lavori sugli oleodotti. Uno scenario penoso.
Laura
Sotto l'articolo di Primadanoi (questo è il link) c'è una discussione in cui si parla anche del servizio di Annozero. La mia impressione è che quel servizio era dedicato soprattutto agli aspetti economici, al fatto che il petrolio in Basilicata non ha portato lavoro, ma ha rovinato il lavoro, ha reso gli agricoltori più poveri, più precari e più dipendenti dalle raccomandazioni dei politici. E niente royalties perché sono sottoposte a condizioni molto restritive.
Le questioni di impatto ambientale non erano affrontate direttamente. Le fiamme altissime e le esalazioni si vedevano come sfondo, non c'è stato alcun approfondimento, comunque era uno spettacolo da brividi.
Tra gli scheletri dell'Eni vi segnalo anche questo.
Ciao e buon fine settimana da Maria da Catanzaro.
La trasmissione di Santoro "Anno Zero" ha portato a conoscenza di cosa succederebbe ad Ortona se si insediassero i pozzi di petrolio dell'ENI. Un disastro ecologico senza precedenti, gente che scappa dai paesi limitrofi a tali insediamenti in BASILICATA, dove l'uva e il vino di quei posti, a sentire gli abitanti, sono invenduti e cose buone da cacciare in discarica. Dipendenza dei cittadini dalla classe politica ( quella che aveva promesso come da noi posti di lavoro )e inquinamento costante e crescente, mai evidenziato perchè a fare i controlli è l'ENI stessa che fa il controllore e il controllato. Da non credersi e NESSUNO FA NIENTE PER QUELLA POPOLAZIONE, la maggior parte formata da emigrati di ritorno dalla Svizzera o da paesi esteri che dopo una VITA passata a lavorare si era costruita una casetta per passarvi la vecchiaia. Tutto vanificato.... oggi scappano per riemigrare in posti lontano dalla loro terra...
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