C'era una volta un paese dove tutti si lamentavano:
- Nel palazzo pubblico sono tutti ignoranti, maleducati, lavorano poco, lavorano male e commettono abusi di ogni genere.
Tali furono le lamentele che un giorno il Tesoriere chiese udienza al Capitano che governava la città:
- Eccellenza, il popolo è infuriato, la gente non vuol più pagare le tasse, non vogliono versare tributi che finiscono nelle tasche di impiegati inutili, sgarbati e sfaccendati.
- Io non posso farci niente - rispose il Capitano - io devo rispettare la legge e la legge stabilisce che gli impiegati e i valletti godono dei privilegi imperiali, sono inamovibili. Dite alla gente che bisogna aspettare che vadano in pensione.
- Non si può aspettare, Eccellenza, perché gli uffici non funzionano. Qualcuno sottrae i soldi dalle casse pubbliche e nessuno vuole indagare su queste malefatte, perciò tra qualche mese ci troveremo alla bancarotta.
Infatti dopo due mesi il Capitano e il Tesoriere furono condotti in prigione.
Il popolo riunito nella piazza decise di eleggere un nuovo Capitano.
- Sistemerò io la situazione in pochi giorni - tuonò Capitan Sfracassa appena eletto.
Pare che avesse davvero questa intenzione, ma dopo dieci anni la situazione non era cambiata. Gli impiegati erano rimasti tutti al loro posto, si comportavano sempre alla stessa maniera e ora chiedevano anche il diritto di trasmettere l'incarico ai propri figliuoli e nipotini.
- Sì - disse il vecchio Capitan Sfracassa - vi concederò questo favore purché possiete garantirmi il buon funzionamento degli uffici.
- Certo, certo, sicuramente - risposero in coro tutti gli impiegati.
Ma la gente non credeva più a queste facili promesse. Tutti sapevano che le mezzemaniche non avevano fatto quel che dovevano quando il lavoro era ordinario, figuriamoci adesso che ci sono montagne di arretrati e troppi problemi ingarbugliati. Così fu indetto un nuovo plebiscito e qualcuno ebbe l'idea di chiamare il furbo Bertoldo che, tra lo stupore di molti, fu convocato a palazzo.
- Solo lui potrà salvarci, da una situazione così difficile.
Bertoldo sapeva di non poter licenziare gli impiegati e decise di aggirare il problema. Fece convocare un'assemblea di tutti gli addetti al palazzo e disse:
- Voi siete funzionari imperiali e siete stati ridotti a lavorare in uffici così brutti e così sporchi e guadagnate così poco, questo non si confà con la vostra dignità. Propongo che sia costruito un nuovo palazzo con uffici comodi, luminosi e ben attrezzati.
L'assemblea applaudì, ma l'annuncio suscitò lo sdegno generale e per le strade la gente si strappava i capelli dalla rabbia:
- Traditore di un Bertoldo, doveva cacciar via i nullafacenti e lui invece si è unito a loro e ora vuole spendere altro denaro pubblico per migliorarne la condizione! Vergogna! a morte Bertoldo!
Ma Bertoldo restava imperturbabile mentre i suoi compari realizzavano i nuovi uffici a spese della città. Quando l'opera fu terminata Bertoldo chiamò gli impiegati e disse:
- Ecco quello che vi avevo promesso. Però vedete che qui non c'è posto per tutti, quindi dovete presentare la domanda di trasferimento e i più meritevoli otterranno il posto.
Ma l'indomani un giornalista ben informato e convinto d'essere più furbo di Bertoldo, scrisse che gli impiegati del nuovo ufficio dovevano sottostare anche ad un nuovo statuto e ciò insospettì la coscienza sporca di alcuni scansafatiche, i quali chiesero l'intervento dei sindacati.
Un solerte sindacalista studiò lo Statuto e confermò i sospetti del giornalista:
- Cari impiegati è vero che i nuovi uffici sono belli e ben attrezzati e voi potrete lavorare in un ambiente migliore, ma il furbo Bertoldo vi sta attirando in una trappola, perché nello Statuto c'è scritto anche che là sarà necessario lavorare per conservare il posto, bisognerà essere aggiornati e trattare con gentilezza tutti i clienti.
- Inaudito! Non è possibile! E' una truffa indegna! - gridarono gli impiegati. Ma non gridavano tutti, c'era anche chi s'era troppo annoiato a non far niente o troppo umiliato nell'essere considerato male da tutti o troppo stanco di vivere tutti i giorni tra montagne di faldoni polverosi.
- Lavorare non è poi una tragedia - dicevano questi - e lavorare bene e rendere un buon servizio ai cittadini può anche essere una bella soddisfazione.
Ma i sindacalisti non badavano a tali sciocchezze e continuavano la loro eroica battaglia:
- Anche i vostri figli potranno essere assunti nei nuovi uffici, ma dovranno dimostrarsi capaci di svolgere il lavoro in modo egregio.
- Assurdo! Inaccettabile! morte a Bertoldo! - urlavano gli scaldaseggiole.
Dalla piazza la gente sentì le urla di protesta e disse:
- Questo è il momento buono per cacciare Bertoldo. Noi abbiamo capito subito il suo tradimento e la sua vigliaccheria, adesso l'hanno capito anche gli impiegati del palazzo. Forza, andiamo dentro e buttiamolo giù dalla finestra!
- esternalizzazioni -- Nel palazzo pubblico sono tutti ignoranti, maleducati, lavorano poco, lavorano male e commettono abusi di ogni genere.
Tali furono le lamentele che un giorno il Tesoriere chiese udienza al Capitano che governava la città:
- Eccellenza, il popolo è infuriato, la gente non vuol più pagare le tasse, non vogliono versare tributi che finiscono nelle tasche di impiegati inutili, sgarbati e sfaccendati.
- Io non posso farci niente - rispose il Capitano - io devo rispettare la legge e la legge stabilisce che gli impiegati e i valletti godono dei privilegi imperiali, sono inamovibili. Dite alla gente che bisogna aspettare che vadano in pensione.
- Non si può aspettare, Eccellenza, perché gli uffici non funzionano. Qualcuno sottrae i soldi dalle casse pubbliche e nessuno vuole indagare su queste malefatte, perciò tra qualche mese ci troveremo alla bancarotta.
Infatti dopo due mesi il Capitano e il Tesoriere furono condotti in prigione.
Il popolo riunito nella piazza decise di eleggere un nuovo Capitano.
- Sistemerò io la situazione in pochi giorni - tuonò Capitan Sfracassa appena eletto.
Pare che avesse davvero questa intenzione, ma dopo dieci anni la situazione non era cambiata. Gli impiegati erano rimasti tutti al loro posto, si comportavano sempre alla stessa maniera e ora chiedevano anche il diritto di trasmettere l'incarico ai propri figliuoli e nipotini.
- Sì - disse il vecchio Capitan Sfracassa - vi concederò questo favore purché possiete garantirmi il buon funzionamento degli uffici.
- Certo, certo, sicuramente - risposero in coro tutti gli impiegati.
Ma la gente non credeva più a queste facili promesse. Tutti sapevano che le mezzemaniche non avevano fatto quel che dovevano quando il lavoro era ordinario, figuriamoci adesso che ci sono montagne di arretrati e troppi problemi ingarbugliati. Così fu indetto un nuovo plebiscito e qualcuno ebbe l'idea di chiamare il furbo Bertoldo che, tra lo stupore di molti, fu convocato a palazzo.
- Solo lui potrà salvarci, da una situazione così difficile.
Bertoldo sapeva di non poter licenziare gli impiegati e decise di aggirare il problema. Fece convocare un'assemblea di tutti gli addetti al palazzo e disse:
- Voi siete funzionari imperiali e siete stati ridotti a lavorare in uffici così brutti e così sporchi e guadagnate così poco, questo non si confà con la vostra dignità. Propongo che sia costruito un nuovo palazzo con uffici comodi, luminosi e ben attrezzati.
L'assemblea applaudì, ma l'annuncio suscitò lo sdegno generale e per le strade la gente si strappava i capelli dalla rabbia:
- Traditore di un Bertoldo, doveva cacciar via i nullafacenti e lui invece si è unito a loro e ora vuole spendere altro denaro pubblico per migliorarne la condizione! Vergogna! a morte Bertoldo!
Ma Bertoldo restava imperturbabile mentre i suoi compari realizzavano i nuovi uffici a spese della città. Quando l'opera fu terminata Bertoldo chiamò gli impiegati e disse:
- Ecco quello che vi avevo promesso. Però vedete che qui non c'è posto per tutti, quindi dovete presentare la domanda di trasferimento e i più meritevoli otterranno il posto.
Ma l'indomani un giornalista ben informato e convinto d'essere più furbo di Bertoldo, scrisse che gli impiegati del nuovo ufficio dovevano sottostare anche ad un nuovo statuto e ciò insospettì la coscienza sporca di alcuni scansafatiche, i quali chiesero l'intervento dei sindacati.
Un solerte sindacalista studiò lo Statuto e confermò i sospetti del giornalista:
- Cari impiegati è vero che i nuovi uffici sono belli e ben attrezzati e voi potrete lavorare in un ambiente migliore, ma il furbo Bertoldo vi sta attirando in una trappola, perché nello Statuto c'è scritto anche che là sarà necessario lavorare per conservare il posto, bisognerà essere aggiornati e trattare con gentilezza tutti i clienti.
- Inaudito! Non è possibile! E' una truffa indegna! - gridarono gli impiegati. Ma non gridavano tutti, c'era anche chi s'era troppo annoiato a non far niente o troppo umiliato nell'essere considerato male da tutti o troppo stanco di vivere tutti i giorni tra montagne di faldoni polverosi.
- Lavorare non è poi una tragedia - dicevano questi - e lavorare bene e rendere un buon servizio ai cittadini può anche essere una bella soddisfazione.
Ma i sindacalisti non badavano a tali sciocchezze e continuavano la loro eroica battaglia:
- Anche i vostri figli potranno essere assunti nei nuovi uffici, ma dovranno dimostrarsi capaci di svolgere il lavoro in modo egregio.
- Assurdo! Inaccettabile! morte a Bertoldo! - urlavano gli scaldaseggiole.
Dalla piazza la gente sentì le urla di protesta e disse:
- Questo è il momento buono per cacciare Bertoldo. Noi abbiamo capito subito il suo tradimento e la sua vigliaccheria, adesso l'hanno capito anche gli impiegati del palazzo. Forza, andiamo dentro e buttiamolo giù dalla finestra!
1 commento:
E' la fotografia attuale della situazione al comune di Chieti! Vuoi vedere che anche loro conoscono la storia di Bertoldo, ma Cacasenna che ruolo ha nella storia ?
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