Tanti convegni, tante pagine di giornale e tante discussioni sull'acqua. Un problema che finora non toccava noi abruzzesi, beneficiati da un'abbondanza di acque naturali incontaminate, tanto che l'antico lago del Fucino abbiamo preferito prosciugarlo, tanto da poterne generosamente offrire alla Puglia e da poterla usare per far funzionare gli impianti idroelettrici.
Adesso le cose stanno cambiando. Adesso anche a Chieti la sera si resta con i rubinetti asciutti. Adesso si scoprono le discariche più nocive accanto ai fiumi, ci si allarma per i misteriosi laboratori del Gran Sasso che rilasciano veleni nelle condutture e, proprio in questi giorni, ci dicono che anche le falde sono fortemente inquinate. Cosa diventerà l'Abruzzo se non riuscirà a salvaguardare le sue risorse ambientali?
Ma servono a qualcosa i convegni sull'acqua? qualcuno ci darà mai una risposta alla domanda che viene posta ossessivamente negli ultimi anni: l'acqua è una merce oppure è un bene pubblico?
La risposta la conosciamo benissimo, l'abbiamo sempre saputo che l'acqua è un bene pubblico perché, come dice Beppe Grillo "l’acqua è pioggia e l’umanità non ha mai pagato la pioggia".
Ma allora perché ce lo domandano, perché si convocano 'esperti' a parlare di questa cosa così banale? forse stiamo cercando una risposta diversa, una formula semantica che possa accontentare tutti e nello tempo possa permettere di fare qualcosa che finora nessuno aveva mai osato fare. Così ci sentiamo dire che l'acqua resta bene pubblico anche quando gli acquedotti sono affidati alle "efficienti" gestioni private, che poi non sono proprio private perché i soldi li chiederanno sempre agli enti pubblici e ai cittadini pagatori di bollette. Rubando un'altra frase a Beppe Grillo "quando si inserisce una spa a gestire un bene pubblico, scompaiono i cittadini".
Proprio in questi giorni, mentre nelle conferenze ci parlavano delle drammatiche situazioni del terzo mondo e dell'importanza di risparmiare acqua, in televisione ho visto un programma dedicato alla gastronomia in cui una nuova specie di sommelier faceva assaggi dei diversi tipi di acque per esercitarsi ad associarle con i cibi serviti in tavola. Ma allora mi chiedo: dobbiamo risparmiare acqua per poterne regalare una parte a chi non he ha, oppure dobbiamo regalarla ai mercanti, agli imbottigliatori, che torneranno a vendercela col valore aggiunto di eleganti e preziose etichette?
Mi piacerebbe che qualcuno potesse recuperare una vecchia parola caduta in disuso: "nazionalizzazione". Nazionalizzazione delle acque e della distribuzione dell'acqua con controlli pubblici affidati ad uno speciale Tribunale delle Acque, che esiste già ovviamente, ma tutti fanno finta di non saperlo. E quindi ritorno ad una proposta che avevo già formulato: a Chieti si può fare qualcosa? si può progettare un rifacimento delle condutture a partire dal serbatoio della Civitella? si può dare lavoro alle imprese per fare qualcosa che non sia cementificazione del territorio e inutile trastullo di progettini? si può investire denaro pubblico per qualcosa che non sia puro intrattenimento? si può agire politicamente per la qualità dei beni pubblici essenziali?
Adesso le cose stanno cambiando. Adesso anche a Chieti la sera si resta con i rubinetti asciutti. Adesso si scoprono le discariche più nocive accanto ai fiumi, ci si allarma per i misteriosi laboratori del Gran Sasso che rilasciano veleni nelle condutture e, proprio in questi giorni, ci dicono che anche le falde sono fortemente inquinate. Cosa diventerà l'Abruzzo se non riuscirà a salvaguardare le sue risorse ambientali?
Ma servono a qualcosa i convegni sull'acqua? qualcuno ci darà mai una risposta alla domanda che viene posta ossessivamente negli ultimi anni: l'acqua è una merce oppure è un bene pubblico?
La risposta la conosciamo benissimo, l'abbiamo sempre saputo che l'acqua è un bene pubblico perché, come dice Beppe Grillo "l’acqua è pioggia e l’umanità non ha mai pagato la pioggia".
Ma allora perché ce lo domandano, perché si convocano 'esperti' a parlare di questa cosa così banale? forse stiamo cercando una risposta diversa, una formula semantica che possa accontentare tutti e nello tempo possa permettere di fare qualcosa che finora nessuno aveva mai osato fare. Così ci sentiamo dire che l'acqua resta bene pubblico anche quando gli acquedotti sono affidati alle "efficienti" gestioni private, che poi non sono proprio private perché i soldi li chiederanno sempre agli enti pubblici e ai cittadini pagatori di bollette. Rubando un'altra frase a Beppe Grillo "quando si inserisce una spa a gestire un bene pubblico, scompaiono i cittadini".
Proprio in questi giorni, mentre nelle conferenze ci parlavano delle drammatiche situazioni del terzo mondo e dell'importanza di risparmiare acqua, in televisione ho visto un programma dedicato alla gastronomia in cui una nuova specie di sommelier faceva assaggi dei diversi tipi di acque per esercitarsi ad associarle con i cibi serviti in tavola. Ma allora mi chiedo: dobbiamo risparmiare acqua per poterne regalare una parte a chi non he ha, oppure dobbiamo regalarla ai mercanti, agli imbottigliatori, che torneranno a vendercela col valore aggiunto di eleganti e preziose etichette?
Mi piacerebbe che qualcuno potesse recuperare una vecchia parola caduta in disuso: "nazionalizzazione". Nazionalizzazione delle acque e della distribuzione dell'acqua con controlli pubblici affidati ad uno speciale Tribunale delle Acque, che esiste già ovviamente, ma tutti fanno finta di non saperlo. E quindi ritorno ad una proposta che avevo già formulato: a Chieti si può fare qualcosa? si può progettare un rifacimento delle condutture a partire dal serbatoio della Civitella? si può dare lavoro alle imprese per fare qualcosa che non sia cementificazione del territorio e inutile trastullo di progettini? si può investire denaro pubblico per qualcosa che non sia puro intrattenimento? si può agire politicamente per la qualità dei beni pubblici essenziali?
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Quella della foto è la vecchia fontanella di Largo Cremonesi. Prima dei restauri fatti dall'amministrazione Cucullo era collocata in una zona centrale, lungo i gradini, come in molti spazi pubblici dei borghi abruzzesi. Adesso ce n'è una nuova relegata in un angolo.
1 commento:
Noi ci rendiamo conto di quale bene prezioso è l'acqua quando questa incomincia a scarseggiare o ne veniamo privati per carestia o mancanza a causa delle scarse precipitazioni degli ultimi anni. Una volta all'anno, si fa la giornata mondiale per l'acqua e poi il giorno dopo tutto torna a procedere come prima, tranne come in questi giorni in cui essa manca dalle 23 alle 6 in tutta la città. Bisognerebbe considerare che nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, recuperare le acque reflue, depurarle e riutilizzarle per l'agricoltura o per innaffiare orti e giardini è una prassi quasi normale. In Egitto, i lussureggianti parchi che circondano le strutture turistiche di lusso, sono innaffiati con acqua che arriva dagli scarichi delle camere. Come potrebbero prosperare altrimenti bouganville, rose e gerani in mezzo al deserto? In Italia, siamo indietro anni luce perché l'acqua non è mai costata niente ed è sempre stata abbondante (tranne in qualche zona del meridione). E finché le concessioni continueranno ad essere accordate in cambio di pochi euro e gli agricoltori a pagarla a metro quadro irrigato anziché a metro cubo usato, probabilmente non ci sarà neppure il necessario stimolo per cambiare. E si continuerà ad investire soltanto in strutture ed impianti. Ma alla sfida di gestire nel modo più intelligente ed efficiente possibile l'acqua disponibile bisogna arrivare pronti.
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