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27 marzo 2016

La propaganda dei petrolieri



Sappiamo bene quanto sia difficile opporre resistenza alla petrolizzazione. I petrolieri sono potenti e sanno esercitare forti pressioni sulla politica e sulla stampa. Sanno insinuarsi ovunque.
In un recente dibattito televisivo è apparso un professore di economia che associava le attività petrolifere a centomila posti di lavoro. Per fortuna c'era anche il governatore della regione Puglia a rispondergli che le esagerazioni sui posti di lavoro (nelle piattaforme presenti nell'Adriatico lavorano dai sessanta agli ottanta addetti) sono cominciate parlando di un indotto di 4mila posti, poi sono diventati 10mila e ora, con l'avvicinarsi del referendum si arriva a sparare cifre inverosimili. E' una propaganda falsa e quasi terroristica.

Una stupida guerra di numeri. E' stupida non soltanto perché fatta di numeri inventati, ma soprattutto perché si tende a mettere sullo stesso piano cose troppo diverse: un posto di lavoro che espone a rischi il lavoratore stesso e produce disastri per l'ambiente e per gli altri settori dell'economia non può essere parificato al posto di lavoro che non danneggia nessuno. Quindi se anche fosse vero che ogni operaio di piattaforma petrolifera facesse perdere un solo posto di lavoro nella pesca o nella balneazione, lo scambio sarebbe socialmente dannoso.

Leggendo due articoli (qui e qui) pubblicati sul Fatto Quotidiano scopro che la propaganda pro-trivelle non proviene solo dalle compagnie petrolifere, come sarebbe stato ovvio, ma ha forti legami con amici e parenti di Renzi. Ci sono nomi che dobbiamo imparare a conoscere e riconoscere per non farci imbrogliare: DotMedia, QuickTop, Nomisma Energia...

La bella fotografia è presa dal post di Greenpeace.

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