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22 febbraio 2013

Mago Zurlì for President

Siamo giunti all'antivigilia del voto che potrà essere molto importante per il futuro dell'Italia abbrutita e stremata. Stiamo arrivando male all'appuntamento. Forse ci eravamo un po' illusi nel corso dell'ultimo anno.
 
Prima illusione: che lui, il Gran Pataccaro, avesse finito il suo ciclo e si poteva tornare a discutere di problemi pubblici (cioè di politica);




Seconda illusione: che sulla scena pubblica apparissero formazioni nuove: il partito di destra liberale e liberista nato col manifesto di Fermare il Declino; una nuova sinistra interessata a tutelare il welfare e i beni comuni che nasceva dal manifesto di Alba; un centro che riuniva intorno a Mario Monti persone serie e competenti oltre che sensibili alle istanze etiche di matrice cristiana; un movimento 5Stelle che elaborava in chiave italiana le nuove istanze che altrove vengono promosse dal partito dei pirati, wikileaks, movimenti ambientalisti, economisti della decrescita. Quattro opzioni diverse che avrebbero potuto riaprire il dibattito politico soffocato da anni di corruzione, falsità, affarismo, gossip, monopolio dell'informazione, ecc.

Terza illusione: che ci avrebbero restituito il diritto di votare davanti ad uno sdegno generale verso la legge-porcata; di fronte alle esortazioni del capo dello Stato; di fronte allo sciopero della fame di alcuni parlamentari.

Poi la disillusione: niente era vero. I partiti si sono tenuti il loro il "porcellum" (gli conviene), quello che Di Pietro tentò di far abrogare per referendum, ma non fu consentito dalla Corte Costituzionale. Al montare dell'indignazione popolare i partiti hanno risposto affidando a Calderoli la riforma del porcellum di Calderoli, hanno ignorato l'on. Giachetti che digiunava, e poi hanno richiamato sul palcoscenico il Sultano del BungaBunga. Più porcelloso di qualunque porcellum è tornato ad esibirsi con pulitura di sedie; remake del contratto con gli italiani; molestie sessuali pubbliche ad una lavoratrice; invio di falsi rimborsi fiscali. L'orrore è tale che gli elettori dovranno turarsi il naso e votare qualcosa, ma non qualcosa di nuovo che potrebbe non raggiungere le soglie minime: ci costringono a votare i vecchi faccendieri della casta: Casini, Fini, Marini, Finocchiaro (che non è mica una bidella!) e altri politicanti di una finta sinistra già pronta ad obbedire ai professori della Bocconi.

L'Orco di Arcore è circondato da tanti amici che per l'occasione indossano la maschera degli indipendenti e perfino degli antiberlusconiani: i post-fascisti di Storace che candidano i guerrieri marò; i post-post-fascisti fratelli d'Italia; il Grande Sud di Mastella; l'Intesa Popolare di Giampiero Catone; i samorai di Samorì; i barbari analfabeti sognanti e non so quanti altri ancora. Tutti sullo stesso carro. Tra questi c'è perfino chi riesce a superare in peggio il Gran Puttaniere e agita minacce verso l'ultima vittima che vorrebbe rivendicare una propria di dignità ferita.

Credevamo d'aver toccato il fondo quando vedemmo Rosy Mauro alla presidenza della Camera; poi venne la faccia tosta di Renata Polverini; la cuccagna dei figli di Bossi; La Russa che tira calci ai giornalisti; il parlamento che discute della nipote di Mubarak; e non avevamo ancora visto Galan; non avevamo ancora visto gli spot di Antonio Razzi; non avevamo ancora visto le false cartelle di rimborso dell'imu. Ora abbiamo visto anche Oscar Giannino, il direttore del collegio di Gian Burrasca che aveva portato in politica i Chicago Boys, pronti allo spaccio elettorale delle stesse dottrine che hanno prodotto il grande crollo della finanza drogata. Il prof. Zingales ha avuto il coraggio di strappare la maschera mentre gli altri continuano a difendere Giannino e il suo diritto di spacciare falsi titoli di studio. Un peccato molto veniale rispetto a Scajola, Verdini, Bossi, Formigoni, Papa, Cosentino, Dell'Utri e via dicendo. Ma il caso Giannino è il colmo del ridicolo. Si può anche capire che uno voglia gloriarsi di lauree e di master immaginari, ma nessuno potrà mai capire cosa spinge un aspirante politico ad inventarsi una partecipazione allo Zecchino d'Oro. Stasera il comico Maurizio Crozza ha mostrato il leader politico liberista accanto a una vecchia immagine di Mago Zurlì in costume e ha osservato che quello vestito in modo più strano non è Mago Zurlì.

Per noi che siamo stati bimbi negli anni sessanta Mago Zurlì è un vero mito vivente, non dubitiamo che possa davvero compiere magie, ma mai avrei potuto immaginarmelo a rimprovevare i politici ironizzando perfino sulla squalificazione dei titoli accademici:  "lo Zecchino d'Oro è una cosa seria, non un giochetto da laureati".

Il prof. Boldrin, che ora è rimasto al comando della lista dei liberisti, s'era preparato a difendere l'euro invece dovrà difendere anche il falso zecchino.

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