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11 agosto 2012

Schiaffi agli italiani

"... A distanza di meno di un mese dalla pubblicazione del decreto dichiarativo dell'avvenuta abrogazione dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, il Governo è intervenuto nuovamente sulla materia con l'impugnato art. 4, il quale, nonostante sia intitolato «Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall'Unione europea», detta una nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che non solo è contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata, in quanto opera una drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti in house, al di là di quanto prescritto dalla normativa comunitaria, ma è anche letteralmente riproduttiva, in buona parte, di svariate disposizioni dell'abrogato art. 23-bis e di molte disposizioni del regolamento attuativo del medesimo art. 23-bis contenuto nel d.P.R. n. 168 del 2010...."

Questo è scritto nella sentenza n.199 della Corte Costituzionale: gli italiani hanno abrogato la legge che obbligava i Comuni a privatizzare i servizi pubblici senza possibilità di mantenerli a gestione municipale o tramite aziende di proprietà municipale (affidamenti in house) e il Governo non ha aspettato neanche un mese per riscrivere norme che sono "letteralmente riproduttive" di quelle abrogate. Un vero schiaffo agli italiani dato dal Governo italiano nel turbolento agosto dell'anno scorso. 


Ora la Corte Costituzionale ha cancellato lo scempio e il manifesto di ALBA ce lo annuncia col sorriso raggiante di una bambina, ma le cose non sono cambiate perché l'attuale Governo ha continuato la politica del precedente, infatti la sentenza riporta che "successivamente alla proposizione dei ricorsi, l'impugnato art. 4 del d.l. n. 138 del 2011 ha subìto numerose modifiche, in particolare per effetto dell'art. 9, comma 2, lettera n), della legge 12 novembre 2011, n. 183 (...) e dell'art. 25 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 (...), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché dell'art. 53, comma 1, lettera b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (...). Tali modifiche sopravvenute, che limitano ulteriormente le ipotesi di affidamento diretto dei servizi pubblici locali (come risulta, in specie, dall'introduzione della previsione della possibilità di affidamenti diretti solo per i servizi di valore inferiore a 200.000 euro...)".

Osservate le date: l'ultima è un Decreto Legge del 22 giugno, quello che porta il n.83. E purtroppo non è finita. L'avv. Alberto Lucarelli, che è stato insieme a Ugo Mattei patrocinatore del ricorso della Regione Puglia alla Corte Costituzionale, scrive in un suo recente articolo:

"Il dl n. 95/2012 sulla cd. spending review, in attesa di conversione in legge, contiene diversi elementi di dubbia compatibilità con il quadro costituzionale in materia di servizi pubblici locali, tanto più alla luce della recente sentenza della Consulta n. 199/2012. Ancora una volta il parlamento sta per convertire in legge un decreto del governo, che oltre a violare la volontà referendaria espressa da 27 milioni di cittadini il 12-13 giugno 2011 contro le privatizzazioni selvagge, calpesta la recente sentenza della Corte costituzionale che ha chiaramente affermato il cd vincolo referendario..."

Gli schiaffi sembrano non finire mai.

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