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18 luglio 2010

Terza risposta sulle manifestazioni

Proseguo con le risposte al commento di Luciano Pellegrini:

Saprai, Tom, che per le manifestazioni bisogna essere autorizzati anche sul percorso. Se poi vuoi fare cose diverse, usando la prepotenza con spintoni ed altro, chi sorveglia deve intervenire.

Credo che alla maggioranza dei lettori questa osservazione appare quasi ovvia. Luciano Pellegrini, che scrive su vari blog teatini dimostrando sempre alto senso civico, la porge come semplice richiamo al buon senso. Eppure in questo modo di guardare i fatti c'è qualcosa che proviene da una concezione illiberale della società:
si dà per scontato che le azioni pubbliche siano soggette ad autorizzazioni e che vi sia anche un generale dovere di sorveglianza. Non posso accettare questa visione che ci porta verso l'incubo orwelliano. Purtroppo c'è una degenerazione in atto che ci spinge in tale direzione; una degenerazione alimentata da paura, ignoranza e anche tanta arroganza. Per questo voglio chiarire alcune cose a costo di qualche pedanteria.

La democrazia italiana è fatiscente, i diritti civili subiscono attacchi quotidiani, ma se le regole democratiche esistono ancora (così mi pare) le pubbliche vie appartengono ai cittadini e non si deve chiedere alcuna autorizzazione per utilizzarle.

Le nostre regole sono fissate in due articoli della Costituzione:

Art. 16

Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.
Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.

Art. 17

I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Dunque nella Repubblica Italiana non è necessaria alcuna AUTORIZZAZIONE per organizzare un corteo o una manifestazione. Basta dare un "preavviso" alla questura nelle modalità indicate all'art. 18 della legge di pubblica sicurezza. Il percorso lo scelgono i cittadini che organizzano la manifestazione, perchè sono loro i padroni della città. Se non sussistono i "comprovati" motivi di sicurezza (comprovati significa che non possono essere pericoli astrattamente ipotizzati) la polizia deve garantire e proteggere il percorso e non può mettere le camionette di traverso per bloccare il passaggio.

In democrazia non c'è alcun padrone che può decidere di chiudere arbitrariamente una strada o una piazza mandandoci le camionette con vigilanti armati. Le limitazioni, come dice chiaramente l'art.16 sono stabilite "in via generale" dalla LEGGE. Chi ha deciso di mettere un cordone di poliziotti a sbarrare l'accesso a via del Corso e in Piazza Colonna dovrebbe spiegarne i gravi motivi a tutta l'Italia. E' un dovere che diventa imprescindibile dopo quello che è successo, altrimenti dobbiamo pensare che non siamo più considerati cittadini (cioè sovrani del paese).

Accade in certi casi che la questura propone un percorso diverso al fine di garantire meglio la sicurezza dei partecipanti alla manifestazione. Se gli organizzatori sono ragionevoli in genere si finisce col "concordare" un percorso che possa soddisfare sia le esigenze dei manifestanti, sia quelle degli agenti che devono garantire la sicurezza. Ribadisco: gli agenti devono garantire la sicurezza dei cittadini che, in caso di manifestazione, sono gli stessi manifestanti. Sarebbe follia pensare che gli agenti devono "sorvegliare" i manifestanti oppure difendere l'ordine architettonico di una piazza vuota "contro" gli stessi manifestanti. L'ordine pubblico riguarda la sicurezza delle persone, tutte, non la polvere dei marciapiedi.

Nelle monarchie assolute e nei regimi dittatoriali la gente non può fare niente senza apposita autorizzazione e chi detiene il potere in nome del sovrano assoluto (o del dittatore di turno) può gestire il territorio come crede: bloccare una strada, deviare un percorso, proibire le manifestazioni non gradite, ecc. I sudditi devono tacere ed obbedire sapendo che il potere li sorveglia. Di ogni decisione o abuso il comandante risponderà solo davanti al sovrano. Ragionava così il generale Bava Beccaris durante le rivolte milanesi del 1898. Non s'era accorto che l'epoca della monarchia assoluta era finita. Il "macellaio di Milano" gettò discredito e disonore sull'Italia e sul quel Re che invece di destituirlo decise di premiarlo. Ma voglio sperare che non sia Bava Beccaris il modello a cui si ispira il commento di Luciano Pellegrini. E sarebbe ancor peggio se volessimo ispirarci alla Cina del 1989 dove il governo comunista ripristinò molto efficacemente l'ordine violato dagli studenti in Piazza Tien An Men.


A metà del video qui sopra (tratto dal blog di Diego Bianchi dove c'è anche il seguito) si vede una donna aquilana che chiede alla polizia di esibire l'ordinanza di blocco stradale. Quella signora dimostra di conoscere le regole, ha ragione, infatti non è il cittadino che ha bisogno di autorizzazione per camminare nella strada pubblica, ma è il poliziotto che deve essere autorizzato (motivatamente) a bloccare la via e non può farlo a capriccio di qualche questore. La Costituzione è molto chiara nel dirci che il limite alla libertà di circolazione non può essere fondato su motivi politici, come sarebbe per esempio un divieto che volesse considerare "sconveniente" l'arrivo di 5000 terremotati che urlano davanti a Palazzo Chigi o a Montecitorio.

Non so quale fosse il percorso stabilito per la manifestazione degli aquilani, ma quello che non riesco a capire, visto che in Piazza Montecitorio c'era la manifestazione dei disabili, è perché la questura di Roma non ha vietato il corteo del 7 luglio. Gli aquilani avrebbero potuto scegliere un'altra data. Questo sì che rientrava nelle regole perché la somma di più manifestazioni nello stesso giorno e nello stesso luogo può davvero creare problemi. In mancanza di un divieto il corteo è legittimo e segue il percorso indicato nel preavviso. La questura non può arrivare dopo a sbarrare la strada. Così facendo la deviazione del corteo è imposta dallo stesso anomalo provvedimento di polizia. E sembra proprio questo il caso, se è vero, come hanno scritto i giornali, che il sindaco Cialente sì è dovuto adoperare nel tentativo di impedire agli altri manifestanti di orientarsi verso Palazzo Grazioli. L'idea probabilmente è nata dopo che hanno trovato la strada sbarrata lungo il percorso prestabilito.

A questo link c'è un video che riguarda un'altra manifestazione e si vede che l'uso della polizia per impedire alle manifestazioni di raggiungere la meta indicata sta diventando abituale, come se si potesse vietare ai cittadini di manifestare. Questo è un abuso e così si provocano sempre le stesse sgradevoli conseguenze. Anche qui si vede che ci sono solo operai e che i poliziotti senza averne colpa vengono chiamati a fare ciò che non si dovrebbe fare.

La democrazia

Avendo chiara l'idea di stato democratico non possiamo dire che la gente che spinge contro un blocco di agenti per poter camminare sulla pubblica via sta necessariamente dalla parte del torto. Se il divieto di passare non si fonda su "comprovati" motivi di sicurezza si può ritenere anche che i cittadini stiano solo facendo valere il proprio diritto contro un abuso commesso dall'autorità. Gandhi ci ha insegnato che questa "disobbedienza civile" va sempre esercitata in modo non violento, ma va esercitata.

In democrazia il principio di legalità vale anche per le autorità. La legge non esce dalla bocca del poliziotto. Un Bava Beccaris in Italia non lo vogliamo più e neanche la "macelleria messicana" allestita a Genova nel 2001 con false molotov e altri assurdi pretesti. Là c'erano i misteriosi Black Blok che andavano fermati e denunciati: loro, solo loro, non altri!

Le contestazioni

In democrazia chi comanda è un "servo" e deve anche saper accettare i richiami e i rimbrotti dei padroni (i cittadini) che purtroppo non sono sempre personcine a modo. Può succedere anche di prendersi qualche pernacchia o qualche pomodoro in faccia senza potersi appellare ad una "lesa maestà" perché in democrazia non ci sono più le maestà; può succedere quello che è successo a Nixon quando si rifiutò di consegnare alla commissione d'inchiesta i suoi nastri privatamente registrati; può succedere quello che è successo a Clinton quando ha dovuto rispondere in mondovisione alle domande dei giudici sulla sua privatissima relazione con la stagista. Ovviamente a Stalin non sarebbe successo, a Putin sicuramente non succederà. Chi non se la sente di correre tali rischi può evitare di farsi servo degli altri, le cariche politiche infatti non sono mai imposte come obbligo a nessuno.

In democrazia chi vuole occupare le poltrone dei palazzi deve sapersi prendere anche gli svantaggi che esse comportano. Questo non solo è normale, ma addirittura necessario, serve per garantirci che i rappresentanti politici eletti dal popolo non restino chiusi in una torre d'avorio e non si trasformino in una "casta" di burocrati. In democrazia i troni non esistono. Chi pensa che l"eletto dal popolo" abbia diritto ad un trono che lo rende superiore agli altri (sovrano) o lo immunizza (come un divino faraone) dagli inconvenienti dei comuni mortali deve fare un po' di ripasso della storia e delle regole democratiche.

In democrazia accadrà inevitabilmente che alcune proteste saranno strambe e pretestuose, ma devono essere tutti a poterle giudicare, non qualche funzionario che decide a tavolino quale manifestazione autorizzare e dove farla passare.

Suppongo che Ahmadinejad non condivida neanche una parola di quello che sto scrivendo. Direbbe che Neda Soltan partecipava colpevolmente ad un corteo non autorizzato, ma io difendo il diritto di Neda e se in Iran non c'è una Costituzione liberale come la nostra, la difenderò nel nome di Antigone.

La sorveglianza

Fascismo e comunismo tendono a ripristinare i caratteri della monarchia assoluta, addestrano agenti in divisa e agenti segreti con l'obbligo di sorvegliare la popolazione (la STASI tedesca fu la più efficiente in questo genere di cose). Col pretesto dell'ordine pubblico il potere assoluto o dittatoriale si riserva tutti i diritti e le decisioni, mentre i sudditi devono solo obbedire.

La diffusione di sentimenti di paura tra le persone fa nascere esigenze di sicurezza che possono far accettare l'idea di uno stato di continua vigilanza, ma non possiamo illuderci di poter conservare i diriti civili tipici della democrazia dentro un regime di controllo autoritario. Tra le due cose non c'è compatibilità, ed è per questo che il comunismo non ci appariva democratico, non per la sua pretesa di uguaglianza.

In Italia la caccia ai terroristi degli "anni di piombo" portò ad una legislazione di emergenza che impone, tra l'altro, l'obbligo di denunciare in questura i nomi delle persone a cui affittiamo una stanza o che ospitiamo in casa. L'emergenza sembrava giustificare questa forma di controllo poliziesco generalizzato sulla libera circolazione dei cittadini. Si è rivelata del tutto inutile, ma nessuno l'ha mai abolita, purtroppo. Sarebbe ora di farlo se vogliamo salvaguardare le libertà democratiche.

L'obbligo di intervenire

Per spezzare la monotonia di questo discorso voglio citare il caso si un parroco che alcuni anni fa in uno dei nostri paesi dimenticò di inviare il preavviso per la processione del Corpus Domini così la processione si trasformò in un "corteo non autorizzato" e giustamente il parroco fu denunciato, ma ricordo bene che nessuno dei carabinieri presenti cercò di impedire la processione, anzi la seguirono come facevano tutti gli anni. Non successe niente di strano e ci meravigliammo tutti leggendo due giorni dopo la notizia della denuncia sul giornale. Forse i carabinieri avevano un obbligo di intervenire? avrebbero dovuto lanciare lacrimogeni per disperdere il corteo non autorizzato? avrebbero dovuto manganellare le vecchiette che reggevano i lumini? questa è la società in cui vive Luciano Pellegrini?

No, per fortuna da noi non c'è alcuna legge che obbliga a reprimere le irregolarità amministrative. Neanche in situazioni gravissime. Per esempio nel caso di un contromano in autostrada non c'è l'obbligo di lanciare qualche pattuglia all'inseguimento (contromano) del folle, né quello di attaccare la vettura impazzita con gli elicotteri mangusta. Dove l'intervento farebbe sicuramente più guai di quelli che si vogliono evitare è meglio non intervenire. Sta in queste valutazioni la capacità professionale di un comandante di polizia. Però da una parte dev'esserci la consapevolezza che la sicurezza assoluta non esiste, dall'altra non dev'esserci la voglia di creare un sistema totalitario.

L'uguaglianza

I pericoli non vengono meno dichiarandosi a parole antifascisti o anticomunisti. Non basta, occorre stare attenti al reale rispetto dei diritti di TUTTI i cittadini, compreso quelli che ci sembrano brutti, sporchi e cattivi. Compreso quelli che non credono in Dio, che frequentano i centri sociali, che hanno strani gusti sessuali oppure vogliono protestare contro qualcosa o qualcuno.

Il presupposto dell'ordine democratico è che i cittadini sono maggiorenni, non hanno bisogno di essere sorvegliati da nessuno, provvedono a se stessi, decidono con la propria testa e sono responsabili delle conseguenze delle loro decisioni. Per questo la democrazia ha bisogno di un sistema giudiziario indipendente e capace di rendere effettive le responsabilità di ciascuno. Il presidente della repubblica, il primo ministro e il presidente della corte suprema non hanno la patria potestà sui cittadini, sono cittadini pure loro, come tutti gli altri, con qualche dovere in più.

Purtroppo a forza di parlare di "autorizzazione" (come stanno facendo all'unisono tv e giornali) si arriva a pensare che le strade e le piazze pubbliche non sono dei cittadini, ma sono proprietà privata di qualche questore o di qualche ministro, si arriva anche a pensare che la sorveglianza è normale o addirittura obbligatoria, si arriva a pensare che un capo di stato può scegliersi il pubblico facendo opportune discriminazioni: "tu sì perché hai la cravatta, tu no perché hai il tatuaggio e ti abbiamo già schedato".

Il pregiudizio

Inutile scrivere sulla Costituzione che nessuno può essere considerato colpevole fino alla condanna definitiva e che tutti i cittadini hanno uguali diritti se poi l'anarchico si trova a passare diversi anni in galera perché tanto s'è capito che le bombe le mettono gli anarchici. No, in democrazia 'anarchico' non vuol dire niente. Per accusare qualcuno ci vogliono fatti e, possibilmente, anche indizi a suo carico. Oggi si parla di centri sociali come prima si parlava degli anarchici: sono colpevoli per definizione, colpevoli un po' di tutto, si vede da come sono vestiti e da come parlano, come gli zingari quando sparisce un bambino. Lo sappiamo tutti che sono stati loro, non ci servono mica le prove che sicuramente hanno fatte sparire anche quelle. La caccia agli untori non può essere mai consentita, neanche quando c'è una maggioranza fermamente convinta della colpa degli untori.

Poi vorrei sapere quale legge vieta la partecipazione a cortei a persone che frequentano i centri sociali. Io credo che al corteo ci può stare anche qualche gaelotto, truffatore o pedofilo, l'importante è che durante il corteo non commetta reati. Se lo fa si potrà agire di conseguenza, come si fa quando un ladro ruba in un negozio, un truffatore raggira la vecchietta o un pedofilo approfitta di un bimbo che va al catechismo. Non ci si mette a manganellare un po' di gente a casaccio dentro la chiesa o dentro l'ufficio postale con la scusa che c'era il pedofilo o il truffatore. Una polizia guidata da cialtroni potrebbe combinare anche queste cose e poi deve trovare qualche scusa, ma voglio sperare che i cittadini non si facciano prendere in giro troppo facilmente.


10 commenti:

Erri ha detto...

@ Tom
Eversivamente democratico il tuo post!
Guardando il video "Tolleranza zoro" ho notato che le bandiere erano neroverdi e che di rosso erano colorate solo le magliette di alcuni manifestanti sanguinanti accolti a manganellate dalle forze dell'ordine. Forse che la calorosa acoglienza riservata agli aquilani derivasse dal fatto che la loro fosse una manifestazione di "cittadini" con problemi reali e gravissimi e non la solita manifestazione partitica o sindacale che ricalca spesso il gioco delle parti tra governo e opposizione?
Quella che tu denunci è una gravissima, perché velata, deriva autoritaria di tanti governi occidentali. I cittadini che lottano per i propri diritti e manifestano le proprie idee vengono criminalizzati.
In chiusura, una domanda: quello che non potrebbero fare le forze dell'ordine senza una ragione valida, nel nostro caso bloccare una manifestazione di protesta, possono farlo dei cittadini?

Tom P. ha detto...

eversivamente democratico?

nel senso che il pensiero liberale è rivoluzionario, come diceva Piero Gobetti? oppure mi stai dicendo che ho distorto in qualche modo l'idea di democrazia?

Alla tua ultima domanda devo rispondere ovviamente di no: i limiti posti all'azione dell'autorità valgono a maggior ragione per i semplici cittadini. Ma qui credo che sei tu a nascondere qualcosa di "eversivo" dentro il ragionamento: stai parlando di manifestazioni di protesta o stai parlando di manifestazioni volte a rovesciare l'ordine democratico?

Qui, in Italia, molti tendono a confondere la democrazia con una dittatura della maggioranza che ovviamente non avrebbe nulla di democratico. La legittima elezione di Hitler basata su una relativa maggioranza non fa di lui un democratico.

Credo che sia altrettanto sbagliato e pericoloso pensare che la democrazia possa essere un sistema vuoto di valori che deve restare aperto anche ad istanze antidemocratiche. Per esempio è un trucchetto inaccettabile quello di chi dice: "voglio affermare l'idea dell'apartheid e tu che sei democratico non me lo puoi impedire, perché altrimenti non saresti un vero democratico".

La democrazia ha i suoi valori e deve difenderli. La democrazia è fragile, non sopravvive se i cittadini non sono perennemente vigili e non pongono barriere ababstanza robuste nei confronti delle degenerazioni e degli attacchi. L'apartheid (ma è solo un esempio) nega un fondamento della democrazia che è il pieno rispetto dei diritti delle minoranze, perciò in democrazia non c'è spazio per questo tipo di proposte.

Non diciamo la sciocchezza che se la maggioranza vota per l'apartheid allora anche quella diventa una scelta democratica, perché altrimenti ricadiamo nell'errore che ho citato prima: data una buona maggioranza che consapevolmente lo vuole diventa democratico anche il campo di sterminio. Non è così ovviamente.

Quindi i cittadini che vanno ad ostacolare un "pogrom" ai danni di qualche minoranza o più semplicemente un "pacifica" richiesta di pogrom, di apartheid e simili amenità, sta solo facendo quello che la polizia DEVE assolutamente ed immediatamente fare in uno stato democratico.

Non possiamo dire che la democrazia garantisce i diritti di tutte le minoranze, ma poi se c'è un gruppo (grande o piccolo) che odia una minoranza e vuole eliminarla ci mettiamo alla finestra a guardare in nome di una sorta di "libertà assoluta". Quella sarebbe la giungla, non la democrazia. Là non ci sarebbe nessuna tutela per nessuno, solo la certezza che il più violento e prepotente prenderà il potere.

Erri ha detto...

@ Tom
eversivamente democratico!
Questo "quasi" ossimoro voleva essere semplicemente un apprezzamento per il tuo post.
Hai indovinato: la mia domanda voleva essere "provocatoria", mi riferivo comunque a manifestazioni di protesta. Qualche esempio per illustrare la mia posizione. Un gruppo di cittadini o un movimento politico di un paese europeo decide di protestare contro l'armonizzazione europea del diritto di asilo perché secondo loro una liberalizzazione potrebbe comportare un abuso del diritto stesso. Stai pur certo che questa manifestazione non avrebbe vita lunga. Si formerebbe subito una contromanifestazione di "paladini" dei diritti umani che bloccherebbe con metodi più o meno democratici la prima manifestazione creando un problema di ordine pubblico e spingendo di conseguenza le autorità a scoglierla. Non fraintendere, non nego agli eroici difensori dell'umanesimo il diritto a manifestare la propria opposizione. Mi chiedo se occorre arrivare per forza allo scontro e alla negazione del diritto a manifestare la propria opinione. Le due manifestazioni potrebbero essere concomitanti ma in luoghi diversi della città. O mi sbaglio?

Tu dici:
"La democrazia ha i suoi valori e deve difenderli. La democrazia è fragile, non sopravvive se i cittadini non sono perennemente vigili e non pongono barriere ababstanza robuste nei confronti delle degenerazioni e degli attacchi."
Il paradosso della democrazia rispetto alle dittature è che per la sua "essenza" deve sopportare/ tollerare anche coloro che sono visceralmente antidemocratici,fino a quando, benintesi, non passano all'atto proprio come il galeotto, il truffatore o il pedofilo! Allora sono le forze dell'ordine o, in loro assenza o impotenza,o i cittadini a dover intervenire per evitare derive antidemocratiche o pogrom contro minoranze.

"Qui, in Italia, molti tendono a confondere la democrazia con una dittatura della maggioranza che ovviamente non avrebbe nulla di democratico."
È una confusione alimentata da coloro che voglio trasformare (o che stanno trasformando)la democrazia in una telecrazia: governare manovrando gli umori della massa dei cittadini.

"La legittima elezione di Hitler basata su una relativa maggioranza non fa di lui un democratico."
Perché non fare esempi più recenti come il FIS algerino o lo Hamas palestinese?

Un saluto dalla Germania
enrico

Tom P. ha detto...

@ Enri
sono molto stimolanti le questioni che mi poni, col rischio di discussioni troppo accademiche. Comunque provo a rispondere cominciando dall'ultima.

Scelgo Hitler perchè tutti dovrebbero conoscerlo, le vicende più recenti sono meno note, pensa che i parlamentari intervistati da Le Iene non sapevano cos'è il Darphur, pochissimi saprebbero dire cos'è Hamas e quasi nessuno sospetta che può aver avuto una maggioranza elettorale. (guardati pure questa)Non voglio neanche immaginare cosa risponderebbero i nostri rappresentanti ad una domanda sul FIS algerino: un piatto esotico? una moneta?

La televisione alimenta ogni forma di confusione, ma credo che l'equazione democrazia=maggioranza abbia anche altre cause. In effetti la maggioranza è lo strumento decisionale utilizzato da tutte le democrazie e non tutti sono abbastanza accorti da capire che uno strumento non è l'essenza del sistema: io uso la bicicletta, ma non sono né una bicicletta né un altro mezzo di trasporto.

Pensavo che il tuo primo commento si riferisse alla manifestazioni contro le moschee. Quelle sono manifestazioni chiaramente antidemocratiche perché tendono a negare una libertà fondamentale che è la libertà di culto. Toccano un sentimento profondo delle persone. Qualcuno ha cercato di nascondere la discriminazione religiosa dietro lo schermo di questioni architettoniche. Ridicolo: se il problema fosse architettonico si dovrebbe porre in termini di volumi, misure, colori, evitando ogni distinzione di tipo religioso.

Il diritto d'asilo è un problema più complesso. Lo stato democratico non può allargare i diritti di cittadinanza a tutti gli esseri umani, anche se in teoria sarebbe bello. Dare asilo a chiunque lo chieda è materialmente impossibile. Però c'è anche il limite opposto: non dare asilo a chi si trova realmente in condizioni disperate per persecuzioni subite nel proprio paese diventa complicità con le dittature. La democrazia deve dare asilo (permettimi il solito esempio) agli ebrei che fuggono dalla Germania Hitleriana oppure (ti faccio contento) dalla Cambogia di Pol Pot.

Per i paesi europei è importante armonizzare i criteri del diritto d'asilo perché in uno spazio senza barriere interne non è molto logico che un paese accoglie moltissimi rifugiati i quali poi possono liberamente andare anche in paesi che non li avrebbero accolti. Un coordinamento ci vuole. Come capire però dove l'armonizzazione restringe i criteri e dove li allarga? Come stabilire qual è il criterio migliore?

Resto curioso di sapere chi è che propone quella che tu chiami "liberalizzazione" (cosa diversissima dalla armonizzazione) e che cosa significa concretamente.

Vedo che non ti ho risposto sulla questione della democrazia che dovrebbe tollerare tutto finché non si passa all'azione materiale. Alla prossima perché ora è tardi.

Tom P. ha detto...

Completo la risposta e poi mi taccio.

L'esperienza ci insegna che talvolta il "dire" è già un "fare", perciò anche la libertà di parola, come tutte le altre libertà, incontra limiti perfettamente compatibili con le libertà democratiche: non si può offendere o diffamare una persona, né il comune senso del pudore, il sentimento religioso e la pietà dei defunti; non si può fare istigazione o apologia di reato. Quindi una manifestazione che dicesse "vogliamo un pogrom" oppure "com'erano giusti e belli i campi di sterminio" si pone fuori legge. Chi le organizza in genere cerca di coprirsi dietro qualche schermo.

Ricordo una discussione con un ragazzo che mi diceva che non ci sarebbe niente di male a sventolare bandiere con la svastica allo stadio perché la svastica è un antico simbolo tibetano e lui (cercando di prendermi per i fondelli) affermava che è solo la passione per gli antichi culti solari d'oriente ad ispirare gli ultras che esibiscono quel genere di simboli durante le partite.

La pretesa indiscutibilità delle autogiustificazioni è piuttosto diffusa e in questo caso si basa sulla prevalenza, a mio avviso assurda, del significato privato delle parole (o dei simboli) rispetto al significato pubblico.

E' come se io dicessi ad un famoso chirurgo "sei uno scarparo" e poi cercassi di negare d'averlo pesantemente offeso con la scusa che non c'è niente di male nel lavoro dei calzolai, anzi abbiamo tutti una grande stima per gli artigiani e soprattutto per i ciabattini, stupido lui che s'è offeso per una affermazione oggettivamente corretta.

A me questo sembra uno schermo che non riesce a nascondere per niente il significato "oggettivamente" offensivo della frase letta nel suo contesto (la stessa parola rivolta ad un ciabattino avrebbe assunto altro significato) e in certi casi mostra anche un intento "soggettivo" chiaramente diffamatorio.

La legge e la giustizia penetrano nella sfera privata. Nessuno dovrebbe negare all'autorità inquirente di entrare anche nella sfera personalissima dei cittadini per assicurare il rispetto delle norme essenziali: la privacy di Jack Lo Squartatore non può fermare il lavoro della polizia, anche se a quest'ultima chiediamo ovviamente la massima cautela e riservatezza perché chiunque può essere erroneamente sospettato di essere Jack.

La logica dovrebbe essere la stessa anche passando dal piano giuridico a quello politico. nessuno può impedire agli storici di fare ricerche, di arrivare a nuove scoperte e di rivedere certe valutazioni, ma anche agli storici dobbiamo chiedere di agire con cautela e riservatezza.

Certe tesi si possono discutere nelle accademie, ma non si possono portare in piazza, perché sbattere sui giornali tesi negazioniste equivale ad offendere i superstiti e la memoria delle vittime dei campi di sterminio. Dire che non sarebbero mai esistiti equivale a dire loro che sono grandissimi imbroglioni, falsi testimoni e finte vittime. Questo non si può fare sulla base di qualche discutibilissima congettura. Chi pretende di prendersi queste libertà a mio avviso è un semplice diffamatore. Poi si atteggiano anche a perseguitati politici, ma non è vero perché la democrazia ha le sue regole e la regola per cui il parlare è sempre lecito non credo che potrà mai esistere.

Ovviamente questo ragionamento può essere applicato anche a chi volesse affermare pubblicamente che i gulag sovietici non sono mai esistiti (implicitamente direbbe che Solgenitzin ed altri erano visionari), ma il ragionamento non si può invece applicare a chi fa propaganda comunista perché nel fare propaganda per una ideologia basata sull'uguaglianza e sulle redistribuzione delle ricchezze non mi pare che possa esserci qualcosa di offensivo per qualcuno, né si vedono minacce per la democrazia.

Come ho già scritto nel post il contrasto con la democrazia sta in certi metodi anche feroci che i comunisti utilizzarono nei loro esperimenti di governo, non nella loro ideologia.

Tom P. ha detto...

Adesso sicuramente qualcuno verrà a dire che sono comunista, fazioso, ecc. ormai mi ci sto abituando e mi sento anche in buona compagnia. A sembra che sto solo usando un po' di logica.

Erri ha detto...

Hai affermato:
„Ovviamente questo ragionamento può essere applicato anche a chi volesse affermare pubblicamente che i gulag sovietici non sono mai esistiti (implicitamente direbbe che Solgenitzin ed altri erano visionari), ma il ragionamento non si può invece applicare a chi fa propaganda comunista perché nel fare propaganda per una ideologia basata sull'uguaglianza e sulle redistribuzione delle ricchezze non mi pare che possa esserci qualcosa di offensivo per qualcuno, né si vedono minacce per la democrazia.

Come ho già scritto nel post il contrasto con la democrazia sta in certi metodi anche feroci che i comunisti utilizzarono nei loro esperimenti di governo, non nella loro ideologia. „

Ma sei proprio sicuro? Non c'è nessuna correlazione tra l'ideologia comunista e i gulag?
Se come dici non vi è contrasto tra la democrazia e l'ideologia comunista, come mai il primo obbiettivo dichiarato di Rosa Luxemburg e dei comunisti tedeschi era di rovesciare la repubblica di Weimar che era uno stato democratico? (esattamente come i nazionalsocialisti!) Non ti risulta che una delle prime iniziative prese dai vari partiti comunisti dopo la presa del potere nei paesi dell'Est dopo la seconda guerra mondiale, sia stata l'abolizione tutte le libertà democratiche?
Se l'ideologia comunista non è una minaccia per la democrazia, mi sai spiegare perché gli ex-stati del Patto di Varsavia si sono affrettati liberarsene non appena è stato possibile, cioè dopo la caduta del muro di Berlino?
In questi paesi sono stati vietati tutti i simboli che si richiamano al comunismo, in alcuni addirittura il partito comunista (come già in precedenza i simboli nazisti!). Poco democratica questa decisione, ma giustificata da oltre 40 anni di dittatura subita.

Ma torniamo al diritto di manifestare o di protestare.
Se ho ben capito: se organizzo una manifestazione contro l'ingresso dell Turchia (fortemente voluto da Obama e dal suo amico italiano Berlusconi), sono razzista.
Se protesto contro il burqa proponendone il divieto nei luoghi pubblici ferisco il sentimento religioso. Antidemocratico sarà stato anche il referendum contro la costruzione di minareti in Svizzera. In effetti molti hanno gridato allo scandalo pur sapendo che la decisione die cittadini non toccava minimamnet la libertà di culto,
La pietà per i defunti? Dipende molto dal defunto. Gridare o scrivere su uno striscione il 13 febbraio „do it again bomber Harry“ ed esaltare così le gesta di chi ha ordinato il bombardamento a tappeto di Dresda provocando la morte atroce di almeno 25 mila persone ( fonti ufficiose parlano invece di ca 250 mila vittime!) non è punibile. Se altri manifestanti riferendosi agli stessi avvenimenti, li definisce „olocausto“ (in realtà le vittime die bombardamenti di Dresda sono morte bruciate dalle fiamme provocate dalle bombe incendiare1), scatta l'azione penale appunto per offesa alle vittime della shoah. Se è giusto punire i secondi, poiché è palese la loro volontà di provocare e di offendere la memoria delle vittime dei nazisti, perché ciò non vale per i primi? Perché sono di sinistra e quindi „moralmente superiori`? O forse perché le vittime tedesche sono inferiori?

Il fatto è che il tasso di democraticità di una manifestazione o di una opinione spesso non viene giudicata in base alla legge o ai valori democratici, ma da chi si si autodefinisce democratico.

Buone vacanze!

Anonimo ha detto...

Vedi Tom.... Hai dato una lezione sulla democrazia! Sembra quasi una tesi. Ben fatto, da 110 e lode. Ma quello che non riesco a farmi capire è che specialmente in una democrazia ci sono I DIRITTI ED I DOVERI.
Il diritto a scioperare è sacrosanto.MA I DOVERI DEI SCIOPERANTI SONO UGUALMENTE I LORO DIRITTI? QUINDI HANNO SOLO DIRITTI?
La tronco qua la mia riflessione....!Purtroppo un dibattito a due,in una democrazia non lo accetto.Sembra una....telefonata!

Luciano Pellegrini

F.C. ha detto...

L'interrogazione parlamentare ci sarà, così scrive il senatore Mascitelli: http://www.alfonsomascitelli.it/2010/07/comunicato-stampa-terremoto-maroni.html

Tom P. ha detto...

@ Luciano

Un dibattito a due è un confronto, può sembrare una telefonata, ma anche in una telefonata si può dialogare utilmente. Qui ci sono altri che leggono. Quando si parla in troppi spesso si finisce solo a far confusione.

Concordo pienamente sul fatto che non possono esserci diritti senza i corrispettivi doveri e ritengo che questa è una premessa del mio ragionamento.

@ Erri

non voglio postare qui una risposta che sarebbe inevitabilmente lunga e forse noiosa per gli altri. In qualche modo cercherò di riprendere l'argomento e gli spunti che vengono dalle tue considerazioni.